Dietro la guerra civile in Sudan c’è Vladimir Putin? Mentre l’Occidente completa l’evacuazione dei suoi cittadini, crescono gli indizi su un coinvolgimento della Russia. Li ha raccolti il quotidiano tedesco Welt, partendo dal sostegno del presidente russo al dittatore Omar al-Bashir prima e al generale Abdel Fattah al-Burhan, a capo del paese dopo il colpo di Stato del 2021. Negli ultimi mesi sarebbero aumentate le crepe nel rapporto tra quest’ultimo e il Cremlino. Questo potrebbe essere uno dei motivi per il quale le truppe paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf), guidate dal generale Mohamed Hamdan Daglo, noto come “Hemeti“, stanno cercando di prendere il potere da oltre una settimana.



Conferme arrivano dalla Cnn, secondo cui la Russia starebbe sostenendo le Forze di supporto rapido (Rsf). Oltre a fonti sudanesi e diplomatiche, il canale televisivo Usa fa riferimento anche a immagini satellitari che suggeriscono attività corrispondenti nelle basi del gruppo mercenario russo Wagner nella vicina Libia. Le Forze di supporto rapido dal canto loro negano le accuse, affermando che è invece l’esercito regolare a ricorrere alle forze straniere. Ma la milizia ha sviluppato una propaganda tale che secondo gli osservatori anche dietro essa potrebbe esserci lo zampino degli strateghi della comunicazione della Wagner.



ARMI, MINIERE E ACCORDI: RUSSIA TIRA FILA IN SUDAN?

Le Forze di supporto rapido (Rsf) si presentano, infatti, come rappresentanti degli interessi del popolo. Ma in Sudan la popolazione non fornisce alcun sostegno nella lotta per il potere, perché preoccupata in primis dalla propria sopravvivenza. Finora sono morti oltre 400 civili e, dopo tre cessate il fuoco falliti, i combattimenti infuriano con un’intensità tale nelle aree residenziali che è molto difficile evacuare gli stranieri nella capitale Khartoum. Non ci sono prove del coinvolgimento della Russia, ricorda Hafiz Ismail, fondatore dell’organizzazione per i diritti civili Justice Africa Sudan, ma d’altra parte fa notare come sia sorprendente il fatto che Rsf abbia una quantità enorme di armi antiaeree. Stando a quanto riportato dal Welt, le cose potrebbero essere cambiate quando è saltato l’accordo tra la Russia e l’esercito regolare del Sudan: armi in cambio di influenza politica e miniere d’oro. Da qui l’ipotesi che il Cremlino abbia deciso di affidarsi alla milizia, dopo che un russo è stato arrestato per contrabbando d’oro, i dipendenti di una società mineraria russa sono stati interrogati e diplomatici russi hanno ricevuto l’ordine di lasciare Nahr an-Nil. Ma soprattutto è stata bloccata la costruzione della base navale russa “Bur Sudan” sul Mar Rosso, promessa quattro anni fa. Insieme all’accordo col regime del Mali, questo era probabilmente il più importante dei 20 accordi militari della Russia in Africa, sostiene Welt. Negli ultimi tempi sarebbero, quindi, cresciute le relazioni tra Rsf e Wagner, che controllano insieme le miniere. Il fatto poi che Daglo, leader della milizia, abbia dichiarato che «il mondo intero deve riconoscere che la Russia ha il diritto di difendere i propri cittadini», proprio alla vigilia dell’invasione dell’Ucraina, è un altro indizio da non sottovalutare.

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