Fuori dalla Russia è suonato come un autentico «fulmine a ciel sereno», anche se al Cremlino il passaggio fondamentale di oggi era preparato forse da tempo: il Governo di Dmitri Medvedev, dopo il discorso al Parlamento del Presidente Vladimir Putin, ha rassegnato in blocco le dimissioni con tutti i Ministri e il Premier stesso che lasciano l’incarico e gli obblighi istituzionali. La notizia in breve tempo fa il giro del mondo con l’alone di mistero dietro ai motivi che portano la Russia di fatto senza Governo ufficialmente: alcuni hanno iniziato a pensare che il mezzo fallimento della tregua in Libia avvenuta ieri al Cremlino (Sarraj che firma il cessate il fuoco, mentre l’alleato russo Haftar prende tempo e abbandona il Cremlino) avesse portato il Governo russo ad un clamoroso passo di lato. Altri invece ritengono che sia stato Putin a voler cambiare le carte in tavola per promuovere un altro Governo con suoi “nomi” alla guida; la verità sta spesso nella “terza via” che indica lo stesso Putin dopo aver presentato al Parlamento un blocco di riforme che puntano a modificare la Costituzione. «Ritengo giusto, sulla scia delle proposte di modifica della Costituzione, che il governo rassegni le sue dimissioni. Dopo l’adozione di tali emendamenti si avranno cambiamenti significativi non solo in una varietà di articoli costituzionali, ma nell’equilibrio del potere, in particolare in quello esecutivo, legislativo e rami del potere giudiziario»; a parlare è proprio il premier russo che a seguito di un colloquio fitto con il Presidentissimo al Cremlino, si è arrivati alla decisione delle dimissioni in blocco di tutto l’esecutivo.



GOVERNO MEDVEDEV: I MOTIVI DELLE DIMISSIONI

Poco prima Putin in Parlamento aveva proposta un referendum che introduceva diversi emendamenti per assegni più poteri al Consiglio di Stato e al Parlamento, in particolare modo il potere di nominare Premier e Ministri non più dunque sotto la scelta unica del Presidente. In questo modo Putin ha da un lato fatto intendere che lascerà il Cremlino a sua scadenza naturale nel 2024 (non può fare più di due mandati consecutivi da Presidente russo) e dall’altro lanciato una serie di riforme che proverà a “ridurre” il presidenzialismo in favore di un allargamento dei poteri al Parlamento e alla Duma. Medvedev ha spiegato il suo passo indietro con la «volontà di consentire al presidente Putin di lanciare la riforma costituzionale», mentre dai media russi informano che a breve lo stesso Premier dimissionario potrebbe essere nominato vice capo del Consiglio di Sicurezza nazionale. Due mandati consecutivi da Presidente, poi nel 2008 il “passaggio di testimone” a Medvedev al Cremlino e lui a capo del Governo e ora altri due mandati da Presidente: Putin governa la Russia da oltre 20 anni ma con queste riforme potrebbe avvicinarsi la sua “uscita di scena”, almeno dai ruoli di primissimo piano della politica russa. Secondo il suo portavoce Dmitri Peskov, «è necessario avere una consultazione con il popolo. La questione è mettere ai voti la proposta: le date e le regole saranno determinate inseguito e poi formalizzato in un decreto speciale».

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