Nei giorni in cui si ricordano i 40 anni della crisi dei missili di Cuba, il momento storico nel quale, almeno fino a oggi, si è andati più vicini a un conflitto nucleare, il livello di tensione e di escalation nucleare sembra raggiungere soglie d’allarme analoghe. Lo ha detto Vladimir Putin nelle ultime ore, ricordando che la possibilità di un potenziale conflitto mondiale rimane molto alta, perché “si assiste a un forte aggravamento del confronto geopolitico globale”. Non solo parole però: i russi stanno dando vita a una grande esercitazione con le proprie armi nucleari, mentre gli americani stanno inviando in Europa la versione aggiornata di quella che da sempre è l’arma di risposta nucleare della Nato, la bomba a gravità B61-12 (solo in Italia usualmente ne sono dislocate da 70 a 90).
“Tecnicamente non siamo davanti a una escalation” ci ha detto in questa intervista il generale Vincenzo Camporini, già capo di Stato maggiore dell’aeronautica e della difesa, oggi Consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali,“perché questo tipo di esercitazioni e questo aggiornamento delle armi avviene sempre. Ovviamente in tempo di pace passano inosservati, ma oggi con un conflitto come quello in corso in Ucraina giustamente destano preoccupazione nell’opinione pubblica”.
Esercitazioni nucleari russe, invio di bombe americane all’idrogeno in Europa: siamo vicini a una escalation nucleare?
In realtà, si tratta di fatti che sono pianificati da molto tempo. L’accordo esistente tra Russia e Stati Uniti, il New Start sanzionato nel 2010 e rinnovato l’ultima volta lo scorso anno, per il controllo e la diminuzione delle armi nucleari, prevede che periodicamente le due potenze facciano esercitazioni, notificandole all’avversario, in modo che la cosa venga percepita come normale routine. Lo fanno gli americani e lo fanno i russi.
Quindi non si tratta di misure prese in seguito al conflitto in Ucraina?
No. E’ chiaro che questo tipo di operazioni in tempi normali hanno un valore diverso da quelle effettuate in tempo di guerra, ma è una percezione dal punto di vista politico. Personalmente non ci vedo nulla di particolare, se non un po’ di enfasi comunicativa.
Come dice lei, è sicuramente una coincidenza, ma l’arrivo di armi come le bombe a gravità B61 in Europa proprio in questo momento non lascia tranquilli, non crede?
Le bombe B61 sono armi della forza di risposta della Nato stazionanti in Europa da sempre, mi sembra di ricordare sin dagli anni 60, e che periodicamente vengono aggiornate. Anche questo è pianificato, perché l’aggiornamento richiede anni di lavoro che adesso giunge a compimento. Come dicevo prima, sono fatti che in tempi normali non suscitano alcun interesse. Oggi l’opinione pubblica giustamente si preoccupa, ma tutte queste cose non costituiscono una escalation.
Putin però rilascia dichiarazioni preoccupanti, dicendo che siamo a un passo da un conflitto a livello mondiale. Quanto parole come queste ci devono preoccupare?
Personalmente le considero dichiarazioni a scopo politico, nel tentativo di provare a creare crepe all’interno della solidarietà occidentale. Nel momento in cui dici che il rischio è alto, qualcuno si preoccupa e comincia a distaccarsi dal gruppo. Sono dichiarazioni politiche e vanno prese per questo. Certo, indicano comunque un livello di tensione molto alto.
Crepe che si cominciano a vedere, visto che alcuni parlamentari democratici hanno chiesto a Biden di avviare un dialogo con Mosca.
Le dichiarazioni fatte dopo che è uscita questa lettera chiariscono che il testo era stato preparato mesi fa ed era rimasto nei cassetti. Qualcuno per qualche motivo lo ha fatto uscire adesso. Non so quanto queste comunicazioni siano veritiere o no, bisogna prenderne atto, pesandole per quello che possono valere.
Il livello di deterrenza della Nato rimane stabile rispetto a quello che era prima della guerra o è aumentato?
Direi che è aumentato, nel senso che abbiamo tutti osservato negli ultimi mesi un rafforzamento della presenza militare occidentale nei paesi vicini al confine russo.”Apple-converted-space”> Anche soldati italiani sono stati schierati nei Paesi Baltici e in Polonia. Questo rafforzamento costituisce di per sé una forma di deterrenza. Il messaggio che passa è: noi siamo pronti a reagire alle provocazioni, dimostriamo di essere forti abbastanza da scoraggiare eventuali tentazioni offensive.
In questosenso si giustifica l’arrivo in Romania di soldati americani della 101esima brigata d’assalto?
Esattamente. Questa è la logica. Il dispositivo di rafforzamento della Nato è in atto da quando è scoppiata la guerra lo scorso febbraio. Nulla di sorprendente, semmai è un fatto positivo che dà evidenza della capacità di scoraggiare l’avversario, diminuendo la possibilità che qualcosa di sgradevole possa accadere.
Così non cresce però il rischio di un incidente che possa scatenare una reazione anche nucleare?
Quando si muovono forze militari al di là dell’aspetto strategico del dispositivo tattico c’è ovviamente sempre il rischio di incidenti. Quando ci sono tanti soldati sul campo può succedere che, traditi dal nervosismo, si possa premere il grilletto quando non si deve fare. Il rischio diventa più elevato, per questo motivo ci sono contatti militari a vari livelli, abbiamo visto come i capi di stato maggiore delle due parti abbiano avuto telefonate fra loro. E’ importante mantenere aperti i canali di comunicazione, in modo riservato ma continuo, così che, dovesse succedere un incidente, ci sia immediatamente la possibilità di chiarire cosa sia accaduto con la controparte prima dell’avvio di una reazione.
(Paolo Vites)
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