Pane e fucili. La strategia della Russia in Africa passa dalle donazioni di armi e grano, pronti a prendere la strada del continente nero per legare sempre di più a Mosca le nazioni amiche e per tentare di costruire, insieme alla Cina, un nuovo ordine mondiale che scalzi dal posto di comando gli Usa. È questa la strada indicata dall’incontro di San Pietroburgo al quale Putin ha invitato diversi Paesi africani, blanditi con la promessa di grano gratis, ma anche di dotazioni militari.
Un’iniziativa che vuole essere un messaggio agli Stati Uniti e a Washington, anche se, spiega Toni Capuozzo, giornalista e inviato di guerra, il nuovo ordine alternativo all’Occidente ha come punto di riferimento Pechino, con Mosca a recitare un ruolo secondario. In Africa i veri protagonisti sono i cinesi, che però non si preoccupano di guerre ed armi, quanto di fare affari, di costruire infrastrutture. Lasciando ai russi, presenti in particolare con la Wagner, il ruolo di braccio armato.
I russi incontrano una parte dei Paesi africani a San Pietroburgo e promettono grano gratis e anche armi per i loro eserciti. Qual è il motivo di questo rilancio in un continente nel quale sono già molto presenti?
I russi tenevano molto a questo incontro tanto che hanno denunciato un forte lavorìo diplomatico degli Stati Uniti per boicottarlo. In qualche modo credo che il tentativo degli Usa sia riuscito, perché nell’appuntamento precedente i Paesi africani che avevano accettato l’invito erano 40, mentre questa volta sono stati 17. Quest’incontro è soprattutto un modo per rispondere al tentativo di isolamento della Russia. E anche al tentativo di far passare il mancato accordo sul grano come una misura tesa ad affamare i Paesi africani. Per questo la Russia ha promesso grano anche a titolo gratuito. Il summit lo legherei al braccio di ferro con Washington e con la Nato.
La promessa, però, non riguarda soltanto il cibo, ma anche, appunto, le armi.
Le armi, soprattutto quando non si tratta di semplici armi corte, sono un modo per legare questi Paesi alla Russia. Perché poi per mantenerle c’è bisogno di pezzi di ricambio, di tecnologia, di tecnici. Se compri un elettrodomestico e questo si guasta è al rivenditore che ti rivolgi.
Promettendo grano gratis Mosca si propone anche in seguito di diventare fornitore abituale o di rafforzare la sua posizione sul mercato di questo prodotto?
L’annuncio è una risposta al tentativo di presentare Mosca come l’affamatrice del mondo. Anche ai Paesi africani è chiaro che c’è della demagogia in questa accusa: meno del 20% del grano uscito dal porto di Odessa quest’anno è finito in Africa. Buona parte è andato in Europa e Asia. L’accordo sul grano più che garantire il nutrimento delle popolazioni è valso anche in passato a garantire gli interessi, intanto, delle multinazionali e poi di tutto il sistema di sfruttamento del mercato, di chi scommette sull’aumento del costo: è stato fatto anche per gonfiare questa ragnatela.
L’incontro di San Pietroburgo, quindi, va inquadrato nel contesto del tentativo che russi e cinesi stanno facendo di creare un nuovo ordine mondiale alternativo a quello che fa capo agli Stati Uniti?
Assolutamente sì. Capofila di questo progetto sono i cinesi, i russi sono la ruota di scorta, pur importante, ma che è andata perdendo molto del suo peso. La volontà di riaffermare il peso che aveva una volta l’Unione Sovietica è abbastanza evidente. In questi giorni una nave russa è andata in visita di cortesia a Cuba ed è stato un avvenimento: è un po’ il sogno di rinverdire i bei tempi andati. Anche i Brics hanno come forza trainante la Cina e come giganti più l’India e il Brasile che non la Russia. È un ospite importante ma di complemento.
L’Occidente può recuperare spazio di influenza in Africa rispetto alla presenza dei russi?
In Africa è molto rilevante la presenza dei cinesi: hanno costruito infrastrutture. Sono presenti in modo massiccio anche nella parte francofona del continente. E’ l’Europa che ha perso molte posizioni. Gli Usa si mantengono come potenza globale ma poi nei singoli Paesi sono molto meno presenti che in passato. Direi che è la Cina che ha scalzato piano piano almeno le potenze europee.
La Nato nell’ultimo vertice di Vilnius ha definito strategica l’area che coincide con il fronte Sud dell’Alleanza, quindi il Mediterraneo allargato e l’Africa. Come può agire in questa zona? L’iniziativa dell’Italia, con il Piano Mattei e la Conferenza internazionale su migranti e sviluppo che si è tenuta a Roma, può ottenere risultati?
È sempre questione di soldi, investimenti e spregiudicatezza. I cinesi in Africa si sono fatti avanti così. Noi, giustamente, siamo legati a una serie di “pregiudizi”: prima di fare affari con un Paese verifichiamo che rispetti i diritti democratici, i diritti delle donne, che abbia una “fedina penale” immacolata. Mi ricordo di bandi per la costruzione di dighe e centrali idroelettriche in Etiopia che non sono andati a buon fine perché l’impatto ambientale avrebbe pregiudicato popolazioni minori che vivevano lungo il corso del fiume. Quelle dighe sono state costruite dalla Cina, che dell’impatto ambientale se ne frega. Abbiamo le mani legate da una serie di princìpi, di paletti. E poi, anche per quanto riguarda il Piano Mattei, bisogna considerare i soldi. Basta guardare i problemi con la Tunisia, che nascono soprattutto dalla perplessità del Fmi nell’erogare un grosso prestito. I soldi sono la parte decisiva della politica estera. Se ne hai a sufficienza e sei disposto a spendere sei credibile, altrimenti sono parole.
Dopo il mancato accordo per commercializzare il grano ucraino i russi hanno bombardato il porto di Odessa, da cui partivano le navi per trasportarlo, e anche depositi di grano vicino al confine con la Romania. Una ritorsione o anche un tentativo di mettere in ginocchio l’economia ucraina e di occupare fette di mercato?
L’Ucraina se non ci fosse l’Occidente a versare soldi a palate sarebbe già in ginocchio: non navigava in acque tranquille prima della guerra, figurarsi adesso. Credo che sia più una ritorsione che un progetto di svuotare le casse di Kiev.
L’incontro di San Pietroburgo, quindi, è una tappa nel tentativo di costruire un nuovo ordine mondiale. Ma i veri motori di questo progetto, anche in Africa, sono i cinesi? Più che Mosca bisogna vedere cosa farà Pechino?
La Cina finora ha seguito un suo modus operandi: non mette becco nelle questioni militari. Pur reprimendo gli uiguri al suo interno, nella fascia subsahariana, dove sono presenti gruppi fondamentalisti islamici, non ha fatto niente, né ha mai promesso aiuti militari a questo o a quell’altro. È entrata costruendo ferrovie, strade, infrastrutture, porti, finanziando interventi.
Il braccio armato lo fanno fare ai russi?
Facile.
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