Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni avrebbe chiesto a Khalifa Haftar, leader della Cirenaica, di evitare presenze straniere sul territorio libico e di non tenere rapporti con i russi. Ma è una richiesta che arriva fuori tempo massimo, quando cioè l’influenza di Mosca nel Paese è consolidata, soprattutto, ma non solo, con la presenza militare dell’Africa Corps, con il quale il Cremlino ha sostituito la disciolta Wagner del defunto Prigozhin. La dimostrazione è venuta pochi giorni fa, quando il figlio di Haftar, Khaled, ora capo delle Forze di sicurezza dell’Esercito nazionale libico, è volato a Mosca per stringere accordi sull’addestramento del reparto delle “Forze armate della Cirenaica” che fa capo a lui.



Il pericolo di un sempre maggior peso dei russi in Libia emerge, tuttavia, anche da un altro episodio: in Russia, infatti, stavolta c’è andata anche una delegazione che fa capo all’altro leader protagonista della vita politica del Paese, quel Dbeibah il cui governo di unità nazionale gode del riconoscimento internazionale come interlocutore ufficiale. A Mosca sono andati il capo di Stato maggiore Mohammed Al Haddad, il vicepresidente del Consiglio presidenziale (la troika che fa le veci del presidente libico) Abdullah Al Lafi, e il ministro degli Esteri del governo di Tripoli Taher al Baour. Segno che, appunto, Putin e i suoi non vogliono limitare la presenza solo alla Cirenaica, anzi, vogliono stringere accordi anche altrove in diversi settori, compresa la “sicurezza”. La Libia, d’altra parte, spiega Ibrahim Magdud, intellettuale e arabista libico, offre diverse opportunità per la ricostruzione del Paese. Affari che fanno gola un po’ a tutti: russi, turchi, ma anche italiani. E non solo. Ognuno vuole la sua fetta di torta.



Che tipo di rapporti hanno i russi in questo momento con la Libia?

Haftar ha degli accordi con i russi e fa da tramite per la loro presenza in Niger. Mosca per questo è presente in Cirenaica, mentre nella parte di Tripoli non vanta nessuna presenza sul territorio.

Ora però Mosca sta cercando di approfondire i rapporti anche con il governo di Tripoli?

Haftar in questi anni ha conosciuto due forme di contatto con i russi: una con il governo, l’altra con la Wagner, la compagnia militare privata comunque legata a Mosca, ora diventata Africa Corps e ricondotta sotto il controllo del ministero della Difesa russo. L’obiettivo della delegazione di Tripoli, invece, sarebbe di riprendere in considerazione gli accordi che i russi avevano con i libici ai tempi di Gheddafi, sia militari sia relativi alle società che possono lavorare per contribuire alla ricostruzione del Paese.



Di cosa si è discusso nello specifico nell’incontro moscovita con gli emissari di Dbeibah?

Delle società russe nella parte occidentale della Libia, per riprendere in considerazione, parlando con il governo che viene riconosciuto dall’Onu, gli accordi che erano stati stretti con Gheddafi a suo tempo. C’erano tante società russe, la maggior parte delle quali non ci sono più, che lavoravano anche in Tripolitania: hanno lasciato ponti, strade, forniture militari. Strutture relative a contratti che risalgono a prima del 2011 e che magari devono essere ancora pagati.

Quindi Dbeibah vorrebbe far venire i russi a lavorare in Tripolitania?

L’ambasciatore russo Haider Aghanin, intervistato in tv in Libia, ha riferito che ci sono accordi ufficiali con il governo riconosciuto, con il quale la collaborazione riguarderà anche temi economici, scientifici e relativi alla sicurezza.

Recentemente il presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni ha incontrato il generale Haftar e avrebbe formulato la richiesta di evitare la presenza dei russi sul territorio libico. Come va inquadrata questa mossa?

La Meloni ha fatto il postino. Non so se degli americani. Comunque le hanno chiesto di dire queste cose ad Haftar. Una richiesta che non ha valore. Andare a dire a una persona che ha questi rapporti con Mosca di non contare più sui russi non rientra in nessuna logica diplomatica. Poi non so cosa si siano detti di preciso, ho visto anch’io questi resoconti riportati sui media italiani.

Russia e Turchia sono in buoni rapporti. L’avvicinamento dei russi al governo di Tripoli è frutto anche del lavoro dei turchi, che in quell’area hanno grande influenza?

Ci sono miliardi e miliardi per ricostruire il Paese, destinati a grossissimi progetti nell’edilizia, nelle infrastrutture, così come nel campo dell’energia. Tutti si stanno muovendo in questa direzione: ognuno vuole la sua fetta di torta. Anche russi e turchi. Mosca, comunque, si muove autonomamente, la Russia è stato uno dei primi Paesi che hanno aperto un’ambasciata a Tripoli. E ha delle società che lavorano sul territorio nel campo del petrolio e dell’energia.

In questo ha un ruolo anche l’Italia? Sta partecipando alla ricostruzione?

Certo, partecipa, ci sono tante società italiane impegnate in Libia. Non parlo solo della ricostruzione della zona di Derna colpita dall’alluvione, ma anche di Tripoli. È un discorso generale che riguarda tutto il Paese. Gli italiani stanno costruendo un aeroporto nella capitale, ex novo, potrebbe essere aperto già questa estate. Poi c’è l’Eni che si sta occupando del settore energia.

Tirando le somme della presenza straniera, comunque, quella dei russi sta diventando sempre più consistente?

Sì. Con Haftar hanno accordi soprattutto militari, con Dbeibah altri tipi di accordi, economici, appunto, o sulla sicurezza, anche se bisogna vedere che tipo di accordi sono compresi in questa voce. La Libia per loro è strategica e sembra stia contando sempre di più.

(Paolo Rossetti)

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