In un mondo complesso può accadere persino di dar ragione a Vladimir Putin quando, non più tardi del 25 marzo scorso, ha accusato l’Occidente di tentare di cancellare la millenaria cultura russa. È davvero arduo capire la ragionevolezza sottesa all’annullamento di concerti che ripropongono Tchaikovskij e Rachmaninov. “L’ultima operazione per bruciare i libri – ha affermato Putin –  fu condotta dai nazisti 90 anni fa”. Putin ha anche citato, a riprova, gli attacchi della comunità Lgbt nei confronti della Rowling, la quale ha preso le distanze da questi complimenti non richiesti a velocità fotonica.



Il lettore avrà già avuto modo di verificare l’impegno di chi scrive contro la dittatura di quel politicamente corretto che è divenuto un neototalitarismo, in quel “cerchio formidabile intorno al pensiero” profetizzato da Alexis de Tocqueville. Va, inoltre ricordato che l’Occidente non perde l’occasione di rendersi ridicolo anche in situazioni tragiche: incappucciare e nascondere il monumento all’astronauta Gagarin in Lussemburgo è un’iniziativa di stupidità “commovente”, come direbbe il buon Guareschi, ed escludere le squadre russe dal videogioco “Fifa 2022” come ha deciso di fare la Electronic art suscita smarrimento ed afasia. Eppure…



Eppure leggere di Putin che spara proclami contro la “Cancel culture” è un ossimoro alla decima potenza. Un po’ come Nerone che tenga un corso antincendio, Hannibal Lecter che presenti ricette vegane o Goebbels che ricordi agli ebrei il rispetto del Kippur. Perché se c’è una cosa che il governo russo sta facendo ormai da dieci anni – come mettono bene in evidenza numerosi contributi della rivista online La Nuova Europa – è quello di cancellare la storia ricorrendo ad ogni mezzo, stringendo la grande cultura russa (questa sì, così spiritualmente superiore a quella occidentale) in una morsa d’acciaio. Per motivi di spazio si faranno solo pochi rapidi cenni agli episodi avvenuti in questi ultimi anni.



2013. Il complesso museale del Gulag di Perm diventa proprietà dello Stato, che cambia la gestione del museo ed esautora i responsabili. “Oggi – dichiara un ex-dirigente – Perm-36 comunica al mondo un messaggio del tutto diverso. Non si parla più di repressione e resistenza. È soprattutto un racconto della vita quotidiana in un carcere a regime duro, secondo lo spirito ‘la patria mi custodisce, prima mi mette in galera e poi mi protegge’. Le attuali guide vi diranno che se uno finiva qui c’era una ragione, e vi parleranno dei detenuti politici solo se lo chiederete espressamente”.

2014. In base a un decreto legge del 12 febbraio tutti i fascicoli dei detenuti dei lager conservati nei vari archivi del ministero della Difesa devono essere distrutti al compimento dell’ottantesimo anno di età dell’ex recluso.

2016. Il memoriale delle fosse comune di Sandarnoch in Carelia, ai confini con la Finlandia, è oggetto di attacchi sia dal lato giudiziario sia da parte del revisionismo storico di regime. Lo storico Jurii Dimitriev, responsabile dell’associazione “Memorial”, che aveva scoperto quelle tombe nel 1997 è accusato di pedopornografia. Sono state, infatti ritrovate foto della figlia adottiva di Dimitriev nuda. Secondo una versione difensiva fotografare i figli adottivi senza vestiti serve a documentare lo stato di denutrizione in cui vengono tenuti i bambini negli orfanotrofi russi nonché lo stato di sviluppo successivo. Due storici revisionisti affermano che, in quelle fosse comuni, vi siano molti soldati russi torturati e uccisi dai finlandesi durante la seconda guerra mondiale. I campi di prigionia finlandesi, tuttavia, si trovavano a 20 km dalle fosse comuni e la ricostruzione degli storici revisionisti manca di prove concrete.

2017. Ojub Titiev, responsabile della sezione cecena di “Memorial”, un’associazione culturale che, dopo il 1991, ha indagato sui crimini commessi dal governo sovietico, viene arrestato perché, nel corso della perquisizione della sua auto, viene reperita una dose di marijuana. La sede di “Memorial” a Grozny viene devastata da un incendio e altra droga viene successivamente reperita nella sede.

2018. Vengono condotti scavi nelle fosse comuni di Sandarnoch attuati senza alcuna garanzia di imparzialità o di oggettività. Juri Dimitriev viene assolto dall’accusa di pedopornografia e successivamente arrestato.

2019. Viene chiuso al pubblico il museo dedicato a padre Aleksandr Men, ucciso a colpi d’ascia nel 1990. La procura di Tver fa rimuovere le targhe commemorative dell’eccidio di Katyn dove furono massacrati 22mila ufficiali polacchi. La richiesta viene dal Partito comunista cittadino, che riteneva “disonorante la presenza delle due targhe”, le quali influenzerebbero in senso antipatriottico le giovani generazioni. Tutto questo, si badi, dopo che nel 2010 lo stesso Putin nel corso del 70esimo anniversario dell’eccidio aveva ammesso le responsabilità del governo sovietico.

2020. Jurii Dimitriev (64 anni) viene condannato a 3 anni e mezzo di reclusione. Troppo pochi se fosse veramente colpevole. La procura fa ricorso e chiede la condanna a 13 anni. Lo storico di “Memorial” Sergey Koltirin, malato di cancro, muore in prigione. Era stato condannato a 9 anni di carcere per pedofilia.

2021. Si moltiplicano gli appelli in difesa di “Memorial”: tra questi anche un appello dei docenti dell’accademia delle Scienze russa e della vedova di Solzenicyn. Il 29 dicembre vengono inflitti altri 15 anni di carcere a Dimitriev e viene “liquidata” l’associazione “Memorial”. Il termine “liquidare”, in uso durante le purghe staliniane, è stato adoperato dal procuratore e dalla corte in base alla legge che colpisce gli agenti stranieri.

È interessante notare come tutti questi fatti non vengano citati dagli esperti e cattedratici che si proclamano equidistanti tra dittatura e democrazia dato che, parole loro, in fondo tra un sistema e un altro non vi è molta differenza. Si auspica una diretta zoom dove queste cose siano da loro dette in faccia a Juri Dimitriev.

Così mentre in Occidente viene condannata la memoria del passato, imputando a personaggi storici ogni crimine (vero o falso), in Russia, più semplicemente, viene eliminata la memoria delle vittime, uccidendole un’altra volta. Eppure, come scriveva padre Pavel Florenskij ai suoi cari prima di essere assassinato nel 1937, “il passato non è passato, esso si conserva eternamente da qualche parte, in qualche modo continua a esser reale e ad agire”. E ancora: “non esiste cultura laddove non esiste il ricordo del passato, la gratitudine verso il passato e la salvaguardia dei valori”. E infine: “Opera della ragione ortodossa, cattolica è raccogliere tutti i frammenti, la loro totalità, mentre opera dell’intelletto eretico e settario è scegliere i frammenti che piacciono”.

Solo un russo poteva pensare e scrivere frasi come queste che devono essere la base di una ricostruzione dell’umano quando questo mattatoio sarà terminato.

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