“Un popolo che vota ha sempre ragione!”. Certo, se le elezioni avvengono in modo regolare. Ma anche se avvengono in un modo regolare, come più o meno dalle nostre parti, fa parte della più elementare regola democratica che qualcuno, o tanti, di quella che si chiama opposizione, possano essere liberi di non dichiararsi d’accordo con chi ha vinto. Anche nel caso della Russia oggi la riprova sulla democraticità di chi ha vinto sarà, ovviamente, la libertà lasciata all’opposizione, anche di chi non ha potuto votare, di esprimersi.
In questo senso mi viene in mente che per tanti anni, prima della caduta dell’Unione Sovietica, le elezioni là erano sempre state tenute con lo stesso metodo di oggi. Partito unico, partito guida del Paese, il cui segretario restava al potere fino al giorno di improbabili “raffreddori”. Nonostante questo, molti in Italia guardavano al sistema sovietico come il “sol dell’avvenire”, come l’alternativa auspicabile alla dittatura del capitalismo occidentale. Così si era d’accordo che sostenesse i vietcong, Kim Il-sung, ex “presidente eterno” della Nord Corea, e tutti coloro che credevano nel cosiddetto socialismo reale. Ci furono molti che addirittura sostennero l’Armata russa nei fatti di Ungheria e ci volle la Primavera di Praga, e poi gli anni di piombo, per convincere quasi tutti che forse bisognava cercare qualche altro modello da imitare. Infatti molti oggi guardano, pensate un po’, alla detestata America, guidata da quell’uomo fuori dal comune, più fuori che comune, che è Biden.
Ripeto per l’ennesima volta, e non penso solo alla Russia, ma anche e soprattutto a tanti altri regimi dell’Asia, che è venuto il momento di impostare un nuovo approccio alla politica internazionale. Da una parte è inevitabile trattare anche coi dittatori e coi regimi autoritari, formatisi più o meno con il consenso del popolo. È il realismo di chi vuole realmente la pace, la più giusta possibile, per noi e per loro.
D’altra parte è venuto il momento di farci carico del compito più difficile e delicato di un rapporto con popoli che spesso si assoggettano alle dittature non solo per paura, ma anche per la sfiducia in quello che proponiamo. Questo impone un’autocritica onesta anche riguardo al nostro sistema occidentale. Quale spazio oggi viene concesso a chi non è d’accordo con la mentalità dominante? Siamo sicuri, ad esempio, che in alcuni campi della cultura e dell’arte non ci siano lobbies in grado di condizionare la politica, e, prima ancora, di escludere chi non è ideologicamente compatibile? Perché gruppetti di collettivi possono fermare impunemente quel servizio pubblico che è la scuola, con insegnanti ridotti ad essere in ostaggio delle loro iniziative? E per quanto riguarda la magistratura? Meditate, gente, meditate. E poi datevi da fare.
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