Le sanzioni dell’Occidente non riescono a fermare l’industria militare della Russia. Hanno avuto finora un impatto minore, come sull’economia russa nel suo complesso, rispetto alle previsioni. Ciò non è dovuto solo al fatto che le aziende civili nazionali sono ora più che mai al servizio del settore della difesa, ma anche al fatto che le sanzioni possono essere aggirate. È quello che fanno imprenditori e Paesi disposti a collaborare – nonostante la guerra in Ucraina – con la Russia, che così è in grado di ottenere componenti di alta tecnologia che non può produrre autonomamente. Anche se è sempre più difficile gestire le importazioni, nel 2022 quella di chip è aumentata rispetto all’anno precedente.
Ci sono poi casi in cui chip e circuiti integrati che possono essere usati per scopi militari entrano in Russia da Paesi dell’Unione europea e del G7 tramite Paesi terzi come Turchia, Emirati Arabi Uniti e Kazakistan. Lo rivela Bloomberg, citando un diplomatico senior dell’Ue e dati commerciali. Visto che non può avviare una produzione propria in seguito all’annessione della Crimea nel 2014, l’industria russa dipende dalle importazioni di componenti di alta tecnologia. Quindi, è stato escogitato tale stratagemma, che resta comunque insidioso.
OPERAI QUALIFICATI E PIÙ TURNI: NON SI FERMA LA PRODUZIONE DI ARMI IN RUSSIA
C’è un altro aspetto che sta emergendo un anno dopo l’inizio della guerra in Ucraina. Non si sta riscontrando più l’emigrazione di massa dei giovani emersa dopo la mobilitazione parziale di settembre. «I giovani tecnici qualificati e gli specialisti IT che passano all’industria della difesa sono esentati dal servizio militare», dichiara Natalia Zubarevich, specialista di geografia economica e sociale all’Università di Mosca, come riportato da Die Welt. Non sono disponibili statistiche su quanti giovani siano passati alla produzione di armi, ma la domanda è alta. Visto che non è possibile sviluppare rapidamente nuove armi e produrne il numero necessario, almeno quelle vecchie vengono ammodernate. Peraltro è anche più economico e facile. La fabbrica russa Vagonzavod ogni mese produce fino a 20 nuovi carri armati moderni, ma visto che la domanda è dieci volte superiore, ne vengono ammodernati 8 del vecchio tipo al mese. In altre tre officine ne vengono ammodernati circa 50 al mese e in altre due, che sono attualmente in costruzione, ne verranno ammodernati 30 al mese. Di fatto, la Russia sta tirando fuori dai magazzini quel che può. «In una battaglia come quella in corso in Ucraina, ha sempre più senso usare due carri armati vecchi che uno nuovo», osserva Alexandr Golz, esperto di origine russa in materia di esercito e armamenti presso l’Istituto svedese per la politica estera.