Le sanzioni imposte da Europa e Usa contro la Russia di Vladimir Putin, secondo l’analisi pubblicata da “The Guardian“, stanno funzionando. La Russia infatti sta subendo gravi conseguenze sul debito pubblico a causa del blocco delle esportazioni energetiche. Il deficit è ai massimi record storici, soprattutto per mancanza di entrate fiscali. Anche questa chiara conseguenza del congelamento dei beni degli oligarchi, che non contribusicono più all’economia pubblica con imposte e tasse.
La resilienza dell’economia russa è stata fino ad ora sufficiente a reggere l’embargo occidentale, almeno fino a quando sono state colpite solo le importazioni dall’estero. Ora invece con le nuove sanzioni energetiche, il sistema delle entrate fiscali sta collassando sotto il peso del blocco alle esportazioni di petrolio, che producono meno imposte. Il deficit delle entrate pubbliche è salito al 46% e Putin è stato costretto ad annunciare un taglio del 5% sulla produzione petrolifera. Minori entrate vanno ad aggiungersi all’aggravio dei conti pubblici penalizzato dalle spese per fronteggiare la guerra in Ucraina, e il ministero delle finanze russo ha dovuto annunciare il deficit pubblicando i dati da record a inizio anno.
Sanzioni energetiche Russia: costretti a scontare prezzi del petrolio, deficit da record
Vladimir Putin è stato costretto a bloccare la produzione di petrolio, e ad immettere sul mercato sempre meno prodotti derivati e gas. Questo a lungo termine porterà, secondo gli analisti di economia internazionale, ad un calo sempre più ampio sia dell’estrazione che della produzione, a causa di una sempre minore richiesta. Le spese pubbliche aumentano, toccando a gennaio il 59% mentre le entrate e non solo fiscali, sono diminuite. Il deficit ha raggunto i 22,4 miliardi di euro e l’instabilità della moneta ne è una delle cause insieme alla crisi del diesel che coinvolge sempre meno acquirenti.
La vendita dei prodotti energetici focalizzata solo sui mercati orientali, principalmente in India e Cina, ha costratto la Russia ad abbassare notevolmente anche i prezzi. E questo sta contribuendo ad aggravare la crisi. L’effetto più grave è stato dopo la mossa dell’EU, arrivata il 5 dicembre che ha decretato anche il prezzo massimo delle esportazioni di gas e petrolio russo. La conseguenza è che le compagnie petrolifere devono accollarsi le spese di trasporto oltre che praticare sconti fino al 50% sul prezzo delle materie prime. Secondo gli economisti, quindi, Putin avrebbe sbagliato a fare i calcoli non tenendo conto del fatto che avere come principale mercato la Cina, non gioca a favore della moneta. Perchè in CIna per mantenere la stabilità c’è bisogno del confronto costante col dollaro. Secondo l’analisi quindi, la Russia ha sempre meno opzioni per resistere nel mercato globale.