La Russia sta schierando i delfini a difesa del Mar Nero per vincere la guerra in Ucraina. I satelliti spia occidentali, che scrutano l’andirivieni di navi e sommergibili della flotta sul posto, come riportato da Le Figaro, hanno rilevato un raddoppio dei recinti galleggianti per i mammiferi marini, che ora sarebbero 6 o 7, contro i 3 o 4 di prima, nel porto strategico di Sebastopoli.



La città contesa nel territorio della Crimea, internazionalmente riconosciuta come parte dell’Ucraina, che la considera una città a statuto speciale, di fatto è una città federale della Russia. Le forze militari di Vladimir Putin per questo motivo la stanno ampiamente sfruttando per il conflitto. La sua riconquista però è una delle priorità di Kiev. La difesa è stata dunque rafforzata dai russi in queste settimane, con quattro nuove reti di protezione e batterie antimissile e, infine, anche coi delfini. I mammiferi sarebbero stati posizionati il più vicino possibile alle file di cacciatorpediniere, corvette, dragamine e sottomarini nucleari e utilizzati per rilevare i nuotatori da combattimento ucraini che fossero riusciti a superare tutta una fila di formidabili ostacoli.



Russia schiera delfini Beluga a difesa del Mar Nero: a cosa servono

Non è la prima volta però che la Russia schiera i delfini nell’ambito di una guerra. Fin dalla prima guerra mondiale i beluga (balene bianche), i leoni marini e le foche sono stati addestrati per proteggere le basi navali di Murmansk, nel Baltico. Il vantaggio rispetto ai nuotatori da combattimento è che nuotano più velocemente, più a lungo e si tuffano più in profondità. È per questo motivo che nel 1965 è stato creato un centro di addestramento vicino a Sebastopoli, a Kazachya Bukhta. Successivamente l’impiego è stato variegato.



Ufficialmente, nessuno di questi animali è mai stato addestrato ad attaccare e uccidere i nuotatori nemici ma la voce corre insistente. “Il primo ruolo dei delfini è quello di proteggere le acque della base principale della flotta dai sabotatori di sottomarini”, ha affermato Gennadi Matishov, ex membro della Southern Science Center dell’Accademia Russa.