Dovevano essere devastanti per l’economia della Russia, invece le sanzioni che l’Occidente ha imposto dopo l’invasione dell’Ucraina non la stanno facendo crollare. Non per la loro inefficacia, bensì per la resilienza dell’economia russa. Lo spiega oggi Le Monde, soffermandosi sulle ragioni per le quali la Russia sta resistendo alle sanzioni. Ad esempio, ci sono nuovi canali di approvvigionamento e nuovi fornitori per supplire al blocco occidentale. Quindi, il “veleno” delle sanzioni, come lo ha chiamato l’economista Agathe Demarais, sta scorrendo lentamente nelle vene dell’economia russa. Un esempio della resilienza russa è Yuri Saprykin, la cui azienda produce sistemi di distillazione dell’acqua per l’industria e centrifughe per i laboratori medici. I primi sono destinati soprattutto all’esportazione, gli altri invece al mercato russo. Con clienti in 69 Paesi e fornitori in tutto il mondo, l’azienda Liston è quindi particolarmente esposta agli scombussolamenti internazionali. Le sanzioni occidentali potevano essere un duro colpo.



Infatti, i motori italiani delle centrifughe sono presto comparsi nell’elenco dei prodotti vietati alla vendita in Russia dall’Unione Europea; nel caso dei distillatori, sono stati i sistemi di riscaldamento, importati dalla Polonia, che, pur non essendo sottoposti a sanzioni, sono diventati difficili da far arrivare e da pagare, in quanto i circuiti logistici e finanziari si sono improvvisamente disorganizzati. Come si sta salvando Liston? In primis con le scorte, poi con la sostituzione dei circuiti di importazione. Infatti, in due-tre mesi hanno trovato nuovi fornitori, in particolare dalla Bielorussia.



SANZIONI RUSSIA: LE IMPORTAZIONI “PARALLELE”

Ci sono poi le importazioni parallele, un tema controverso, in quanto associato alla contraffazione. Si tratta di acquistare su mercati terzi prodotti (componenti industriali o beni di consumo) che le aziende non consegnano più direttamente in Russia, e quindi senza il loro consenso. Alla fine di marzo, il governo russo ha iniziato a emettere decreti che legalizzano la pratica per un certo numero di prodotti, che siano o meno sotto sanzioni. Questo ha permesso alla Russia di mantenere la produzione a breve termine, ha dato tempo alle aziende di adattarsi. Questo sistema viene usato anche per tutte le parti elettroniche della produzione. Ci si rivolge a intermediari russi che riescono a rifornirsi “da soli”. I prezzi sono aumentati e i tempi di consegna sono triplicati, ma si riesce a ottenere il materiale necessario, compresi i circuiti elettronici prodotti a Taiwan. In un contesto di inflazione generale, Liston ha dovuto aumentare i prezzi del 10-20%. “L’industria russa è stata abbastanza rapida nel creare nuovi canali di approvvigionamento“, dichiara a Le Monde l’economista Natalia Zubarevich, le cui previsioni sono state smentite. Dopo il forte calo di aprile-maggio, la produzione manifatturiera si è ripresa relativamente bene in Russia (-1,1% su base annua a luglio, -0,8% ad agosto). Osservatori russi e stranieri, così come la stessa Banca Centrale Russa, prevedevano un calo più drammatico dell’economia nel suo complesso. Le previsioni di crescita per il 2022 rimangono negative (in calo di circa il 4%), ma sono state costantemente riviste al rialzo nel corso dell’anno.



SANZIONI RUSSIA, ECONOMIA RESTA SOTTO PRESSIONE

Dunque, il Cremlino ha prima limitato lo choc con un quadro monetario rigoroso, poi ha beneficiato dell’impennata dei prezzi degli idrocarburi, a partire dal petrolio, più importante del gas nella bilancia commerciale e più facile da indirizzare verso nuovi clienti. Come evidenziato da Le Monde, così Vladimir Putin è riuscito a finanziare la guerra in Ucraina e a contenere l’impoverimento della popolazione. I redditi reali sono sì scesi di nuovo, come avviene dal 2013, ma a livelli accettabili (-1,2% nel primo trimestre e -0,8% nel secondo trimestre, secondo Rosstat). “Lo Stato ha aumentato del 10% le pensioni e i pagamenti alle famiglie povere“, aggiunge Natalia Zubarevich al quotidiano francese. Così non si riesce a compensare l’inflazione, ma almeno a limitarne gli effetti. Quindi, almeno per il 2022, non si mette a rischio il bilancio. Ma l’economia russa verrà ancora messa alla prova. Il continuo aumento della spesa, soprattutto quella militare, e l’eccessiva valutazione del rublo stanno già mettendo sotto pressione le finanze pubbliche, con un surplus di bilancio già sceso del 90% tra maggio e agosto. Poi c’è l’embargo europeo sul petrolio, l’arma più pesante usata da Bruxelles, che entrerà in vigore solo a dicembre. I suoi effetti sono ancora sconosciuti, ma potenzialmente potrebbe privare Mosca di enormi entrate di bilancio. Anche l’embargo su attrezzature e macchinari (più difficili da reperire sui mercati paralleli) potrebbe rivelarsi doloroso nel lungo periodo. Non tutti i settori dell’economia russa sono stati in grado, infatti, di adattarsi come Liston (l’industria automobilistica, ad esempio, è ferma).