L’attacco della Russia a 15 regioni ucraine, con bombardieri e anche missili ipersonici, è più massiccio del solito. Ma la strategia è quella che Mosca porta avanti da tempo: aggredire le strutture energetiche ucraine. Un raid allarmante, quello di Putin, ma che non deve distogliere l’attenzione, osserva Maurizio Boni, generale di Corpo d’armata e opinionista di Analisi Difesa, da quanto sta succedendo al confine con la Bielorussia. Kiev, di fronte alle sconfitte sul fronte interno, potrebbe cercare di aprirne un altro esterno, per coinvolgere nella guerra almeno una parte dell’Europa (e la NATO) o per avere qualche carta da giocare a un eventuale tavolo di trattative. Di fatto, però, l’unica opzione perseguita ora è quella militare. E questo apre scenari niente affatto rassicuranti per il Vecchio Continente.
Generale, come si spiega questo imponente attacco della Russia alle strutture energetiche di Kharkiv, Kiev, Odessa e altre regioni ancora?
È la continuazione logica della strategia russa di indebolire tutto ciò che sostiene in profondità l’impegno bellico ucraino. Non ci possiamo sorprendere. Vengono colpiti il sistema energetico e anche obiettivi militari, addirittura un paio di F-16 riparati negli hangar. C’è solo un’intensità maggiore e questo è da legare alla risposta all’attacco di Kursk, anticipata da Putin.
C’è un altro fronte, invece, che potrebbe allargare la guerra aprendo scenari inquietanti, quello della Bielorussia: cosa potrebbe succedere?
Probabilmente l’Ucraina sta cercando un secondo fronte diversivo: provocare una risposta della Bielorussia per scombinare le carte e allargare il conflitto, creando un’escalation poi difficilmente controllabile. Dobbiamo tenere d’occhio la parte Nord dell’Ucraina, a una trentina di chilometri dal confine russo, nella zona di Gomel.
Il presidente bielorusso Lukashenko aveva parlato di 120mila soldati ucraini vicino al suo confine. Possibile che Kiev ne abbia così tanti da schierare?
L’opinione pubblica non segue gli eventi tenendo conto di questi dettagli. Intanto, però, il messaggio è partito e alimenta una certa narrativa.
Fino a qualche settimana fa Zelensky diceva che alla prossima conferenza di pace dovevano esserci anche i russi: i fatti, tuttavia, dimostrano che l’unica opzione in campo è quella militare. È così?
Certo. Non mi sembra che ci siano le condizioni per trattare. In questo momento si fa fatica a trovare una logica. Va avanti solo l’opzione militare, soprattutto da parte russa: la prossima città a cadere sarà Pokrovsk, arteria principale del sostegno logistico ucraino nel Donbass. Poi ci sarà Pavlograd: siamo in una zona dove non ci sono più fortificazioni e si incomincia a intravedere Kiev. Prima di dire che i russi possono arrivare alla capitale sarei cauto, ma dopo Pokrovsk ci sono ampi spazi di manovra. La realtà è che c’è molta confusione, molte linee di pensiero che si stanno confrontando da parte occidentale: non vedo una grande logica nelle dichiarazioni. E i fatti non le seguono.
I francesi hanno arrestato il fondatore di Telegram Pavel Durov, un social che per giornalisti e analisti è una fonte inesauribile di notizie. Lo usano anche i militari e i politici russi. Un arresto che può influire anche sulla guerra?
Moltissimi milblogger, militari in servizio o che lo hanno appena lasciato, che commentano la guerra, utilizzano Telegram, sia da una parte che dall’altra. Molte fonti si esprimono in particolare su Substack, piattaforma dove i giornalisti che non trovano spazio nei media mainstream possono dire la loro. Le analisi più accurate e attendibili si possono riscontrare lì.
L’arresto di Durov sarebbe arrivato in base a una normativa europea che impone di moderare i contenuti. Non c’è il rischio, come qualcuno sottintende, che invece si vogliano controllare certi contenuti, magari criptati?
Difficile da valutare, è il classico espediente che viene utilizzato per giustificare delle azioni estreme. Sarei molto cauto: fa parte della confusione della situazione. Sia russi che ucraini hanno utilizzato moltissimo Telegram. E fin qui non vedo problemi. In questo campo è difficile filtrare i contenuti, sulla base di cosa poi? È grave comunque che tutto ciò sia avvenuto, perché si rischia una limitazione enorme all’informazione non mainstream.
Tornando al campo di battaglia, l’attenzione dovrebbe rimanere puntata soprattutto sulla Bielorussia?
Potrebbe succedere qualcosa di significativo. I militari hanno troppi problemi a contenere i russi e a dare un significato all’incursione di Kursk, mentre queste sono provocazioni molto politiche, mettono in atto suggerimenti che probabilmente sono solo in parte ucraini. Pur di non arrivare a negoziare, a Kiev sembrano aperti a qualsiasi opzione, anche colpire la centrale nucleare vicino a Kursk. È questo che ci deve spaventare: l’irriducibilità di questo pensiero. Si è disposti a un’escalation nucleare e a estendere il conflitto anche in altre regioni, per coinvolgere a tutti i costi l’Europa e la NATO. Una cosa difficile da comprendere, se non in una logica di disperazione.
(Paolo Rossetti)
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