Il petrolio russo, bandito dall’Occidente in seguito alla scoppio della guerra in Ucraina, ha trovato altri sbocchi commerciali. Il greggio della Russia viene infatti acquistato dall’Arabia Saudita, il principale esportatore al mondo, e dagli Emirati Arabi Uniti. Lo sottolinea il quotidiano francese Le Figaro, che rivela come dal mese di febbraio siano diciassette le navi di Mosca ad aver consegnato il greggio a Riyadh, un fatto confermato da Julien Tamssom, della società di consulenza energetica francese Omnegy.
L’Arabia Saudita aveva già importato nell’estate 2022 tra i 400.000 e i 500.000 barili di petrolio dalla Russia, ma il numero ha raggiunto quota 6 milioni soltanto tra febbraio e aprile 2023. Le importazioni degli Emirati Arabi Uniti invece sono salite a 60 milioni di barili. Il petrolio di Mosca, spiega Le Figaro, è di grande importanza per questi Paesi perché può essere impiegato per rifornire raffinerie e centrali elettriche, così che il proprio greggio possa invece essere esportato a prezzi elevati. Basti pensare che il petrolio russo ha un prezzo inferiore del 25%-30% rispetto al benchmark internazionale di riferimento. Martedì scorso, quando il greggio Brent era scambiato a più di 80 dollari, l’oro nero della Russia era prezzato a meno di 63 dollari.
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Come riferisce l’agenzia Bloomberg, l’Unione Europea ha portato l’importazione di petrolio dalla Russia da quasi 1,2 milioni di barili al giorno a febbraio 2022 a 95.000 barili a marzo di quest’anno. Molti Paesi, invece, stanno approfittando dei prezzi bassi per accaparrarsi il greggio dalla Russia, a partire dal Medio Oriente ma anche dall’India, che ad aprile potrebbe aver raggiunto il record di 1,92 milioni di barili importati al giorno, quattro volte di più rispetto a due anni fa.
L’ultimo rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia ha messo in luce come nel mese di marzo scorso le esportazioni di petrolio russo abbiano raggiunto il livello più alto da aprile 2020. Le vendite di greggio e il flusso di prodotti petroliferi sono tornati ai livelli precedenti l’invasione dell’Ucraina e le esportazioni sono passate da 170 milioni di marzo a 206 milioni di barili. Di contro, spiega Omnegy a Le Figaro, l’aumento delle vendite corrisponde a una diminuzione delle entrate: 12,7 miliardi di dollari a marzo 2023, un netto -43% rispetto allo stesso mese del 2022.