Nel 1975 nacque il G-6, che raggruppava le economie (secondo il Fondo Monetario Internazionale) più avanzate, ovvero Usa, Francia, Italia, Germania, Gran Bretagna e Giappone. A queste sei nel 1986 si aggiunse il Canada, dando il via al G-7, che sarà G-8 dal 1998 al 2014 grazie alla presenza della Russia. La Russia venne ammessa nel 1998 perché si prodigò l’allora primo ministro Boris Eltsin nel far entrare nel “club dei grandi” una nazione che arrivava con le gomme sgonfie dalla caduta del Muro di Berlino. Mosca colse la palla al balzo e diede spinta (con una flat tax) alla propria economia, proprio poco dopo l’entrata, con Vladimir Putin.
Il nuovo premier russo, nel 2000, dichiarò che la nazione avrebbe raggiunto standard occidentali, il tutto dando il via ad una intensa campagna di rafforzamento della grande industria, risollevata dalla stretta sugli oligarchi, costretti a cooperare con il nuovo governo in un regime più legato allo Stato.
Il modello non venne disdegnato dal G-8, che anzi ne aiutò lo sviluppo con investimenti in loco e contratti esclusivi per l’utilizzo di materie prime. Erano gli anni in cui Putin discuteva di gas in Sardegna con l’allora premier Silvio Berlusconi.
L’egemonia del G-8 con la Russia all’interno pareva aver dato un punto d’equilibrio al mondo post attentato dell’11 settembre 2001, impegnato nella guerra al terrorismo di stampo islamista.
Il 2008 fu un anno chiave. La Cina, anche grazie alle Olimpiadi, fece irruzione nel panorama commerciale internazionale, esattamente dopo sette anni l’entrata nella Wto, in quel 2001 che fu fondamentale per il futuro del Dragone, un risultato che Pechino cercava dagli anni ’80. La Cina dal 2008 fu “lasciata libera” dagli Usa, che l’avevano introdotta nell’Organizzazione internazionale del commercio, grazie alla lunga mediazione (1996-2000) del presidente Bill Clinton. Nonostante ciò, il colosso cinese non venne mai incluso nel G-8 e non ebbe mai rapporti privilegiati con i membri come la Russia.
Mosca però fu spiazzata dall’arrembaggio cinese, che in pochi anni, dal 2008 al 2013, scalzò Mosca nei rapporti con l’Occidente. Fu questo il punto di rottura tra G-8 e Vladimir Putin, che corse ai ripari in Ucraina, cercando d’annettersi quelle regioni produttive e strategiche (la Crimea, ad esempio), convinto che il disegno egemonico russo fosse condiviso dagli ex Stati sovietici, secondo il Cremlino stanchi di vivere in un limbo dal 1991 (questi erano i report arrivati sul tavolo di Putin).
Nel 2014 la Russia viene esclusa dal G-8, che ridiventa G-7 e cerca relazioni ancora più strategiche con il “motore produttivo del mondo”, ovvero quella Cina che sta nella Wto, nonostante aiuti di Stato palesi, dumping e aziende totalmente statali. Germania e Francia fanno da vettori in Europa e l’Italia si è accodata con la scellerata decisione di valutare la Nuova Via della Seta, un patto che non può andare d’accordo con Ue e soprattutto G-7.
Nel 2020 scoppia la pandemia di Sars-Cov-2 e l’Occidente si rende conto che l’Oms non è più in mano sua, ma cinese. Dalla Sars si passa al Covid e a differenza del 2003 la diffusione sarà globale. A inizio anni 2000, infatti, Bush fu durissimo nel contenere la Sars, nulla a che vedere con Trump, totalmente impotente, il quale riuscirà solo a far uscire dall’Oms gli Usa a buoi già scappati dalla stalla.
Lo stesso Donald Trump provò a dare peso al G-7, che rappresenta oltre il 62% della ricchezza netta mondiale detenuta, secondo il Credit Suisse Global Wealth Report Databook. E considerando anche l’Ue, rappresenta ben oltre il 70% della ricchezza globale netta. Ciò non è però bastato a sanzionare la Cina, perché dovrebbe riuscirci con la Russia?
Joe Biden, allargando la Nato in Europa orientale, ha fatto capire di tenere molto a questi organismi, puntando ora forte sul G-7, che di fatto ha regolamentato le sanzioni anti-Russia, andando così oltre la Ue, organismo subordinato al G-7 (anche se nessuno lo vuol dire).
Nel nuovo mondo tripolare, l’Occidente sarà rappresentato dal G-7 e allargato ai paesi Nato, come l’Australia. Il Fondo Monetario, del resto, classifica come avanzate solo certe economie, e la Russia non lo è mai stata dal 1991. Mosca rischia un isolamento molto duro da parte del G-7, che dai verbali delle ultime riunioni sembra aver rimesso al centro il proprio ruolo economico, e non solo politico. In cantiere ci sarebbe la creazione di consorzi per i settori dello spazio e dell’industria della difesa, oltre alla creazione di una forza comune sui mercati e a livello militare (al di là della Nato). Vladimir Putin ha così riattivato dei meccanismi che sembravano sopiti.
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