Ricevo dai miei amici del Kazakistan e da altri miei ex studenti che vivono in altri Stati dell’ex Unione Sovietica la notizia che sta arrivando là una massa di profughi dalla Russia; sì, proprio dalla Russia.
Intere famiglie cercano ospitalità da parenti che vivono ancora da quelle parti: ci sono giovani che vogliono sfuggire al servizio militare (ricordate gli americani che non volevano andare a morire per il Vietnam?) e piccoli medi imprenditori le cui attività in Russia sono bloccate dalle sanzioni e che sperano di poterle riaprire con una nuova nazionalità.
I locali li accolgono con una certa sorpresa, accompagnata a volte da una beffarda domanda: “Scusate, ma non siete voi che avete invaso l’Ucraina?”.
Man mano che arrivano i russi, qualcuno comincia a preoccuparsi che la loro presenza crei problemi al Kazakistan, se non altro perché nuove attività commerciali aprono una concorrenza con quelle locali. Inoltre questi paesi “indipendenti” sono ancora molto dipendenti dalla Federazione Russa per i loro affari, ora messi in crisi dalle sanzioni. Come sempre, in queste circostanze, c’è chi ci guadagna, ma anche chi ci perde.
Non bisogna poi dimenticare che questi Paesi sono legati dal trattato militare “difensivo” del 2002, una specie di Nato, che per ora, a rigor di logica, non li impegna, ma che in qualcuno suscita non poche preoccupazioni. “E se la Federazione Russa si scontrasse con la Nato, noi che dovremmo fare?”.
È significativo, molto significativo, il fatto che la Repubblica kazaka sulla guerra in corso mantiene una posizione equidistante tra Ucraina e Russia. Anzi, è interessante che il 14 e il 15 marzo siano partiti dal Kazakistan due voli carichi di aiuti umanitari per l’Ucraina che atterreranno a Katowice, in Polonia, e non sul territorio dell’alleato russo.
La guerra comincia a creare divisioni anche tra popolazioni di russi e ucraini che vivono nelle Repubbliche centro-asiatiche. Da sempre vivevano in pace tra loro, spesso confondendosi gli uni con gli altri. Ora, a volte, anche tra loro cominciano dissensi sulla base del parteggiare più per gli uni che per gli altri.
Purtroppo questa nuova divisione ha sfiorato anche certe comunità cattoliche che, proprio per la natura di essere cattoliche, cioè universali, dovrebbero essere meno esposte alla tentazione della divisione.
Ciò è occasione di verificare se solo non si frequenta una Chiesa, ma se le si appartiene, prima ancora che appartenere a una certa etnia o a una certa opinione politica.
Scusate, ma questa non è la condizione di tante comunità anche fra noi?
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