Putin ha giustificato l’invasione dell’Ucraina dicendo che è governata da nazisti e succube della Nato.
È strano che il nonno di una mia studentessa kazaka, che nel 1968 era uno dei giovani carristi del Patto di Varsavia che prese parte all’invasione della Cecoslovacchia con cui si pose fine alla Primavera di Praga, mi raccontò una storia simile. Almeno per come l’aveva vissuta all’inizio, quando, partendo dalla sua base, gli avevano detto che sarebbero andati a liberare Praga da un colpo di Stato fascista.
Arrivati nella piazza San Venceslao senza trovare la benché minima resistenza, perché come si sa Dubcek aveva consegnato nelle caserme i suoi soldati, il nostro Timur (nome d’arte) e i suoi compagni si trovarono circondati da una folla disarmata che diceva che i fascisti erano loro, quelli che credevano di essere venuti lì per liberarli dai fascisti.
Sappiamo poi come le cose sono andate. Per molti anni c’è stata una dura repressione, ma, per fortuna, a compierla non erano i fascisti, ma erano… fate voi.
Rileggendo in questi giorni l’interessante libro-testimonianza di Margarethe Buber Neumann Prigioniera di Stalin e di Hitler, si può venire a sapere che entrambi i dittatori non hanno trattato proprio bene milioni di poveretti, compresa una come lei, nuora del famoso filosofo Martin Buber, poi risposata con Neumann, dirigente del Comintern a Mosca, arrestata e mandata in diversi gulag della regione di Karaganda e poi ceduta, in quanto tedesca, a Hitler per essere internata a Ravensbruck.
Comunista convinta, almeno all’inizio, men che meno nazista, soprattutto dopo l’esperienza nel lager tedesco, la Buber-Neumann non si perde in tanti giudizi ideologici, ma racconta semplicemente quello che ha vissuto.
E non sembra soddisfatta del trattamento subìto in entrambi gli ambienti, anche se, almeno Stalin, non era nazista. Questo non lo dice lei, ma le migliaia di comunisti che come lei sono stati sterminati nei gulag.
Anche oggi, parlando della guerra in Ucraina, c’è chi si preoccupa di cercare da che parte si possono trovare i fascisti. Questa, secondo loro, è la cosa più importante.
Certo, anche gente come Pol Pot (lo ricordate?), o come il nostro simpatico odierno presidente della Nord Corea, non sono proprio delle brave persone, però almeno non sono fascisti.
Mia mamma, una che i fascisti e i nazisti li ha combattuti davvero, non solo con le chiacchiere o con qualche manifestazione, mi ha insegnato, fin da piccolo, a non odiare i fascisti, a non odiare neanche i comunisti, perché avrei corso il rischio di diventare come loro. E per spiegarmi bene il concetto, un giorno mi fece vedere delle foto che conservava nell’armadio e che mostravano il ludibrio di piazzale Loreto. Era una cosa che aveva fatto inorridire lei e tanti altri partigiani di diverse tendenze politiche.
Mi disse che si poteva spiegare, ma non condividere la ferocia di quella folla, per tutto il male che aveva subìto, ma che lei e molti altri non avevano rischiato la vita per vendicarsi, ma per cercare di liberare l’Italia dalla dittatura.
Molti anni dopo ho ricordato quella lezione quando mi è stata bruciata la macchina, una piccola 126 costruita in Brasile, dalle Unità Comuniste Combattenti. La mia colpa era di aver fondato con alcuni studenti un giornale satirico che prendeva in giro l’arroganza di quelli di Avanguardia Operaia e simili.
Il bello è che nessuno sapeva che, proprio in quel periodo stavo nascondendo in casa mia il professor José Briseňo Barrù, peruviano, esponente del Partito Socialista Rivoluzionario, che, dopo un colpo di Stato avvenuto anche in Perù, conseguente a quello del Cile ad opera di Pinochet, era dovuto fuggire all’estero. Era arrivato in casa mia accompagnato da amici del sindacato, dopo che, qualche giorno prima, i sicari, fascisti, avevano ucciso un suo compagno a Firenze.
Forse ha proprio ragione Gesù quando dice nel Vangelo che la destra non deve sapere quello che fa la sinistra e viceversa!
E comunque, l’importante, anche oggi, è che non si corra il rischio di stare con i fascisti. (Quali?)
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