LO SCOOP CLAMOROSO SU HILLARY CLINTON

Secondo quanto depositato ufficialmente lo scorso venerdì dal procuratore speciale John Durham, nel marasma del caso “Russiagate” vi sarebbe incredibilmente la “mano” di Hillary Clinton dietro i tentativi di screditare l’immagine pubblica dell’ex Presidente Donald Trump.



Lo rivelano i media Usa, ripresi oggi in Italia solo da “La Verità”: l’accusa è di quelle estremamente gravi in quanto l’allora candidata alle Presidenziali 2016 per i Democratici, la moglie di Bill Clinton, avrebbe pagato una società tecnologica per «infiltrarsi nei server della Casa Bianca e della Trump Tower tra il 2016 e il 2017». L’obbiettivo era quello di costruire una narrazione pubblica che dipingeva Trump in piena collusione con la Russia di Putin, cosa che in effetti avvenne tanto da scatenare il presunto scandalo “RussiaGate” e le richieste di impeachment formulate dai Democratici durante l’intero mandato presidenziale del tycoon Gop. Stando a quanto riportato dallo stesso procuratore nel fascicolo depositato, l’avvocato Michael Sussmann (già incriminato da Durham l’anno scorso) avrebbe mentito all’FBI quando nel settembre 2016 fornì ai federali le presunte prove della connessione tra Mosca e la Trump Tower. Secondo quanto riporta il NYT, «Sussmann sostenne di non lavorare per alcun cliente»; questa affermazione però oggi viene contestata da Durham dato che secondo l’accusa proprio l’avvocato in realtà stava operando per conto di un dirigente di una società tecnologica. E non solo, pure per la “campagna della Clinton”.



RUSSIAGATE, COME ANDARONO DUNQUE LE COSE?

Il procuratore presenta delle prove a corredo dell’ipotesi di reato nei confronti di Hillary Clinton: vi sarebbero infatti delle fatture che inchioderebbero la posizione di Sussmann in pieno legame con la campagna per le elezioni Presidenziali della signora Clinton. Addirittura Durham riporta nella sua lunga accusa presentata che l’avvocato incriminato avesse coordinato almeno da luglio 2016 i tentativi di hackeraggio «per conto della campagna della Clinton». Nel dossier si legge – riporta “La Verità” – come il dirigente tecnologico «ha sfruttato il suo accesso a dati Internet non pubblici e/o di proprietà». Si doveva dimostrare la collusione tra Cremlino e Trump e tale “obiettivo” pare emergere da alcune prove scoperte da Durham: «il dirigente tecnologico ha indicato che stava cercando di accontentare alcuni vip, riferendosi alle persone di uno studio legale e alla campagna della Clinton». La raccolta di informazioni “dispregiative” contro Trump non si limita a prima delle Elezioni ma prosegue fino al febbraio 2017, dopo tre settimane dall’ingresso alla Casa Bianca: qui Sussmann fornì all’Fbi altre, nuove, presunte prove di collegamento tra l’allora presidente e Mosca. Ira comprensibile dal mondo repubblicano dopo le nuove accuse formulate dal procuratore che indaga sul RussiaGate: «C’era uno spionaggio in corso, ed era peggio di quanto pensassimo perché stavano spiando il presidente in carica degli Stati Uniti», attacca il deputato Gop Jim Jordan. Una furia ovviamente anche Donald Trump che così commenta le nuove anticipazioni dell’inchiesta: «Questo è uno scandalo molto più grande per portata del Watergate e coloro che sono stati coinvolti e sapevano di questa operazione di spionaggio dovrebbero essere perseguiti penalmente». Silenzio per il momento dal comitato Clinton mentre anche la Presidenza Biden rischia di venire in qualche modo coinvolta dalla vicenda: l’attuale consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, nell’ottobre 2016 era uno strato consigliere di Hillary e tra i più veementi nel cavalcare pubblicamente le prove a questo punto potenzialmente fasulle dei legami tra Trump e Putin.

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