Mark Rutte, il primo ministro protagonista del Consiglio Ue sul Recovery Fund, è tornato in Olanda con un ottimo risultato. Ha ottenuto un forte sconto per il suo Paese sui contributi europei e una riduzione dei sussidi in favore dei prestiti. Un compromesso che però non è stato apprezzato da tutti i concittadini, visto che poi è stato sommerso di insulti. All’uscita dal vertice il premier dell’Aia ha scritto un semplice tweet: «Un buon risultato che salvaguarda gli interessi olandesi e renderà l’Europa più forte e più resiliente». Nel giro di poche ore ha incassato quasi 2mila commenti che devono invitarlo ad una riflessione visto che tra otto mesi si terranno le elezioni politiche in Olanda. «Pensi davvero che Francia e Italia, dopo essersene infischiate del Patto di stabilità, faranno le riforme?», scrive ad esempio un utente. Invece un altro ha scritto: «Vergognati, sei un grande bastar*o, un ladro. Per anni abbiamo tagliato su tutto, lavoriamo dieci anni più di italiani e francesi. Regalagli il tuo cane».



MARK RUTTE, ATTACCHI ANCHE DA GEERT WILDERS

Questi tra i più “teneri” tweet rivolti dagli olandesi a Mark Rutte. Critico nei confronti del primo ministro olandese è stato il rivale Geert Wilders, leader sovranità ed euroscettico che si è scagliato contro l’accordo raggiunto al Consiglio Ue a Bruxelles. «Follia! Buttati via miliardi che avremmo dovuto spendere nel nostro Paese». Il fondatore del Partito della Libertà, e alleato di Matteo Salvini, ha criticato anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e l’Italia. Ha condiviso la foto pubblicata dal premier a intesa raggiunta, con gesto di esultanza, è ha scritto: «Il primo ministro Giuseppe Conte è molto soddisfatto. Ottiene 82 miliardi di regali con i nostri soldi. Gli italiani sono tre volte più ricchi degli olandesi e lì difficilmente pagano le tasse. Ora saremo noi a pagarli, grazie alle ginocchia molli di Rutte». Tra l’altro venerdì 10 luglio, mentre Conte incontrava Rutte, Wilders protestava fuori il palazzo del governo olandese esponendo il cartello: «Non un centesimo all’Italia».



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