Sabina Guzzanti con la censura ci ha fatto l’abitudine. Lontana ormai da vent’anni dalla Rai, lei non ha dubbi: “Voglio andare là dove mi fanno dire quello che penso, ma senza estremismi da nessuna delle due parti. Io, come vede, sono una persona mite, ragionevole, non sono una che si impunta. Ma mi dà fastidio quando la censura viene definita “linea editoriale”. Tutto qui”. Su La7, però, è di casa. Lei lo spiega così: “Il gruppo di Zoro funziona e ha trovato un equilibrio perché alle spalle ha anni di lavoro assieme, di affiatamento. Un programma comico non può resistere se non si crea quella relazione fertile tra i componenti. Oggi si pensa a tutto fuorché a far crescere un gruppo».
La tv in casa Sabina Guzzanti non ce l’ha, perché non le piace. Sui social, però, è popolare, soprattutto i video delle sue imitazioni. “Io le imitazioni in passato le ho fatte perché dovevo lavorare, mica sono stata sempre convinta di saperle fare. Tutto cominciò con Rita Levi Montalcini. Ero in cucina, la sentii alla tv e cominciai a fare la sua voce. Il mio compagno di allora arrivò con gli occhi spalancati e disse: “Ma sei uguale”. E così cominciai”.
Sabina Guzzanti: “Con i miei fratelli parliamo una lingua segreta”
A far ridere di gusto Sabina Guzzanti c’è “Checco Zalone. E poi, certo, mio fratello“. Con lui il rapporto è “Molto buono, ma tutti e tre siamo molto legati, anche con Caterina. Quando ci ritroviamo — e avviene abbastanza spesso — a casa, succede una cosa curiosa: ci mettiamo a parlare in un modo tutto nostro, una specie di lingua segreta, velocissima, a scatti. La capiamo solo noi, una questione di vibrazioni. E poi scoppiamo a ridere come tre matti“.
Una figura non banale quella di Sabina, che al Corriere della Sera racconta ancora: “Ho seguito per anni la pratica buddista, è stato un cammino importante e che mi ha segnato in modo profondo. È una strada, un modo di vedere le cose, di essere consapevoli. Ma adesso non sono più buddista. Perché? Sarebbe complicato da spiegare, eppure si potrebbe dire con molta semplicità che non lo sono più”.