Nei giorni in cui si decide, con ogni probabilità, il destino degli equilibri geopolitici nel mondo – come ha descritto in maniera illuminante il collega Pierluigi Battista, vi sarà un mondo prima e dopo l’abbandono delle forze Nato da Kabul – il giurista e presidente emerito della Consulta Sabino Cassese prova a “fare ordine” con la ‘bulimia’ dell’utilizzo di parole enormi come “democrazia”, “diritti” e “futuro”.



«Il fallimento della ventennale missione americana in Afghanistan ha confermato l’opinione di molti che la democrazia non possa essere trapiantata», scriveva ieri Cassese sul Corriere della Sera. Sebbene in molti ritengano l’esportazione della democrazia un esperimento fallito, si dimentica spesso delle fondamentali dichiarazioni sui diritti dell’uomo (1948) e diritti civili-politici (1966), entrambe adottate dalle Nazioni Unite. Si faceva riferimento alla “società democratica” e tutt’ora resta negli obiettivi dell’Onu per l’evoluzione economica, sociale e politica di molti Paesi mondiali: «Una volta riconosciuto il diritto dei popoli alla democrazia, sorgono molti problemi: a quale democrazia hanno diritto i popoli? E quali possono essere i promotori della democrazia? Infine, con quali mezzi essi possono agire?», osserva ancora Casse sul CorSera.



LA DEMOCRAZIA È UN VALORE UNIVERSALE MA…

Libertà, uguaglianza, minoranze difese, separazione dei poteri, controllo reciproco, elezioni, decentramento poteri: questo e molto altro è la democrazia oggi, come scandisce l’Assemblea Onu del 2005 sancendo la democrazia come «valore universale» senza però «un unico modello esistente». Molto problematica è la vicenda di chi debba essere “investito” dell’autorità di “guardiano” della democrazia altrui: alcuni Stati – come hanno fatto gli Usa – o degli ordinamento sovranazionali, come le Nazioni Unite o l’Ue. Per Cassese è ancora più complessa la risposta a «quali mezzi possono organizzazioni sovranazionali e globali, o singoli Stati, imporre o ripristinare la democrazia in altri Paesi». Secondo il presidente emerito della Consulta, «l’universalità del diritto non è un mito e non lo è il diritto dei popoli alla democrazia»: eppure, conclude Cassese, occorre riconoscere che tutti dovrebbero avere interesse al rispetto di un “originario” corpus di regole democratiche, seppur incardinato in modelli e mezzi diversi, «più democrazia vuol dire un mondo più pacifico, come ha dimostrato il parallelo andamento della crescita della democrazia e della diminuzione della violenza organizzata nel mondo».

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