Massimo della pena per Zakaria Safri, l’uomo accusato dell’omicidio di Sabrina Malipiero. La Corte d’Assise ha condannato all’ergastolo il 39enne marocchino per omicidio aggravato dai futili motivi in continuazione con la rapina. Questo il reato riconosciuto, è stata esclusa la crudeltà. La Corte però ha anche rimesso gli atti alla procura affinché indaghi Zakaria Safri per spaccio di sostanze stupefacenti. Dal processo per la morte della 52enne commessa pesarese, uccisa il 13 luglio 2019 nella sua casa di via Pantano, a Pesaro, è emerso il vasto giro gestito dal 38enne marocchino. Prima della sentenza grande tensione in aula, sciolta dopo quasi due ore di camera di consiglio. Il presidente della Corte Giuseppe Fanuli è uscito, seguito dal giudice a latere Maurizio Di Parma, e i giudici popolari, per leggere il verdetto, come riportato dal Resto del Carlino. Delusione invece per i difensori dell’imputato, gli avvocati Gianluca Sanchini e Francesca Biagioli. Ora attendono le motivazioni della sentenza per preparare il ricorso in appello.
SABRINA MALIPIERO, ERGASTOLO A SAFRI PER OMICIDIO
È stata dunque accolta la richiesta dell’accusa, che aveva appunto chiesto l’ergastolo per Zakaria Safri per l’omicidio di Sabrina Malipiero. È stata esclusa l’aggravante della crudeltà, ma riconosciuta quella dei futili motivi. La cassiera 52enne fu massacrata di botte e uccisa con dieci coltellate in casa. Il 38enne marocchino è l’unico imputato: sono state trovate le sue impronte insanguinate in varie parti della casa, inoltre è stato l’ultimo ad aver visto la donna. Come riportato dal Messaggero, la videosorveglianza lo ha ritratto mentre arriva a casa della vittima e se ne va con l’automobile di Sabrina Malipiero. Lui ha sempre negato, dicendo di aver visto l’amica agonizzante, con un coltello conficcato in gola, e di essersi limitato a toglierlo, per poi scappare spaventato. Ma la Procura non ha mai creduto a questa tesi. Per l’accusa è un femminicidio: la vittima aveva rifiutato ripetutamente le avances dell’uomo. Safri non è stato ritenuto credibile perché ha prima negato, poi confessato e infine ritrattato.