Era lunedì scorso, 20 gennaio, quando la diocesi di San Cristóbal in Venezuela ha annunciato la scomparsa del sacerdote Jesús Manuel Rondón Molina, membro del presbiterio locale. In realtà del sacerdote non si sapeva più nulla già da quattro giorni, ma si era aspettato prima di diramarne la scomparsa. Adesso è stato annunciato il ritrovamento del cadavere del religioso, nel pomeriggio del 21 gennaio nella zona El Campanario a La Palmita, un’area boschiva del municipio vicino di Junín (Rubio), nello Stato di Táchira. A darne notizia il vescovo locale, monsignor Mario Moronta sull’account ufficiale della Chiesa diocesana. Il sacerdote, 47 anni, risiedeva vicino al convento delle Carmelitane Scalze di Rubio e assisteva ogni giorno alla celebrazione della Messa di questa comunità religiosa. Dal 16 gennaio, però, le religiose non lo hanno visto, e neanche i suoi familiari avevano avuto più notizie di lui.



LA GUERRA CONTRO LA DIOCESI

La diocesi aveva quindi chiesto di “pregare per la sua integrità fisica e spirituale”. Al momento si ritiene che sia stato vittima di omicidio nel tentativo di rubargli la macchina, ma ci sono diverse ipotesi. Una di queste riguarda le lotte fra gruppi irregolari di trafficanti di droga tra la frontiera del Venezuela e della Colombia, criminali impegnati anche nella tratta di esseri umani. La zona è una a più alto tasso di criminalità del Venezuela e monsignor Moronta è dal 2017 che denuncia minacce a civili e religiosi della sua diocesi. C’è poi l’Esercito di Liberazione Nazionale, organizzazione pseudo politica ma dedita soprattutto alla criminalità, che nell’aprile dello scorso anno aveva distribuito volantini tra la popolazione contenenti minacce nei confronti dei sacerdoti. Domenica 18 gennaio, festa di San Sebastiano, monsignor Moronta ha deciso di non celebrare la Messa solenne di fronte alla difficile situazione che vive lo Stato di Táchira, senza elettricità, gas per uso domestico e benzina.

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