Le sanzioni non possono essere l’unica strada per fermare la Russia, così come armare l’Ucraina non può essere la via d’uscita dalla guerra. C’è una terza strada, quella diplomatica, in cui forse gli Stati Uniti non credono come dovrebbero. Questa è la tesi di Jeffrey Sachs, direttore dello Earth Institute della Columbia University, nominato nel 2021 da Papa Francesco all’Accademia Pontificia. «Il grande errore degli americani è credere che la Nato sconfiggerà la Russia: tipica arroganza e miopia americana». Ma poi per l’economista andrebbe chiarito cosa si intende con “sconfiggere la Russia” visto che controlla migliaia di testate nucleari. «Negoziare la pace è possibile, sulla base dell’indipendenza dell’Ucraina e escludendo che aderisca alla Nato», dichiara al Corriere della Sera.



Nell’intervista spiega di conoscere molto bene il suo Paese: «I leader sono pronti a combattere fino all’ultimo ucraino. Sarebbe molto meglio fare la pace che distruggere l’Ucraina in nome della “sconfitta” di Putin». Il presidente russo non vuole la pace? Le cose non stanno proprio così per Jeffrey Sachs. «La mia ipotesi è che gli Stati Uniti siano più riluttanti della Russia a una pace negoziata. La Russia vuole un’Ucraina neutrale e l’accesso ai suoi mercati e alle sue risorse». Lo stesso economista riconosce che alcuni di questi obiettivi non sono accettabili, ma almeno chiari nella prospettiva di un negoziato. «Gli Stati Uniti e l’Ucraina invece non hanno mai dichiarato i loro termini per trattare».



“SCONFIGGERE CHI HA ATOMICA È FOLLIA”

Il rischio è che quindi l’Ucraina diventi il terreno su cui Europa e Stati Uniti combattono la Russia, a spese ovviamente delle persone. «Gli Stati Uniti non hanno mai mostrato un segno di compromesso, né prima che la guerra scoppiasse, né dopo», dichiara Jeffrey Sachs al Corriere della Sera. Fa anche degli esempi: nessun segnale dall’amministrazione Biden quando il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha lanciato l’idea della neutralità. Da allora molte cose sono cambiate: «Ora, stanno convincendo gli ucraini che possono realmente sconfiggere Putin. Ma, appunto, anche solo l’idea di sconfiggere un Paese con così tante armi atomiche è una follia». Se in Europa c’è un dibattito sui negoziati, negli Stati Uniti invece non se ne parla. In merito invece all’accusa a Vladimir Putin di crimini di guerra, l’economista della Columbia University ritiene che «allora devono aggiungere alla lista degli imputati George W. Bush e Richard Cheney per l’Iraq, Barack Obama per la Siria e la Libia, Joe Biden per aver sequestrato le riserve in valuta estera di Kabul, alimentando così la fame in Afghanistan. E l’elenco non finisce qui». Questo non vuol dire assolvere Vladimir Putin, ma riconoscere che c’è una guerra per procura tra Russia e Usa. Riguardo le ragioni della guerra in Ucraina, Sachs spiega che la Russia «ha visto gli Stati Uniti entrare in modo irreversibile in Ucraina» e cita l’allargamento della Nato. A tal proposito, precisa che gli americani si stavano impegnando per arrivare «all’interoperabilità militare dell’Ucraina con la Nato, in modo che a un certo punto l’allargamento sarebbe diventato sostanzialmente un fatto compiuto».



“EMARGO TOTALE NON SERVE, PENALIZZA EUROPA”

«Per salvare l’Ucraina dobbiamo porre fine alla guerra, e per porre fine alla guerra abbiamo bisogno di un compromesso in cui la Russia si ritira e la Nato non si allarga». Una prospettiva non impossibile secondo Jeffrey Sachs, se non fosse che gli Stati Uniti non danno alcun segnale di apertura, con rischi importanti. Dunque, l’Unione europea deve inserirsi in questo scenario per favorire un accordo di pace. Per farlo non deve inasprire le sanzioni secondo l’economista. «Un embargo totale su petrolio e gas probabilmente getterebbe l’Europa in una recessione. Non lo consiglio. Non cambierebbe in modo decisivo l’esito della guerra e non influirebbe molto su un accordo di pace, ma danneggerebbe l’Europa pesantemente». Nell’intervista al Corriere della Sera rimprovera a Europa e Stati Uniti al termine della Prima guerra mondiale di non aver cooperato per una ripresa globale, anziché imporre il pagamento ai tedeschi, perché ciò «avrebbe contribuito a prevenire l’ascesa del nazismo». Lo stesso bisognava fare con la Russia nei primi anni ’90 per evitare quanto è poi accaduto. «Se si tratta male un altro Paese o lo si umilia, allora si crea una realtà che si auto-avvera: quel Paese diventerà davvero un nemico». L’approccio con Vladimir Putin doveva essere diverso. «Un grosso problema si è creato per l’arroganza degli Stati Uniti». Sachs fa riferimento all’allargamento della Nato verso Est «dopo aver promesso nel 1990 che non l’avrebbero fatto», all’idea di George W. Bush di allargare la Nato a Georgia e Ucraina, deteriorando i rapporti con la Russia. Fino al sostegno all’estromissione del presidente filorusso Yanukovich nel 2014 e il riarmo dell’Ucraina.