Il farmaco sacubitril/valsartan sta acquisendo sempre maggiore rilievo nel trattamento dell’insufficienza cardiaca. Ciò in quanto si è rivelato efficace nel ridurre la mortalità e il rischio di ospedalizzazione. Dunque, è raccomandato come farmaco di prima linea. La conferma arriva dallo studio condotto a Taiwan, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista EClinicalMedicine di Lancet. Il primo dato rilevante è che, rispetto all’inibitore dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACEI) enalapril, il trattamento con sacubitril/valsartan dei pazienti dimessi dopo ricovero per insufficienza cardiaca acuta ha portato ad una riduzione del rischio di nuovo ricovero e morte in un periodo di otto settimane. «La diminuzione era clinicamente rilevante, in quanto c’era un rischio significativamente più basso a 6 mesi di follow-up che persisteva fino alla fine dello studio», hanno osservato i ricercatori.
Quel che va chiarito, ma per questo servirebbe una ricerca più ampia, è l’efficacia di questo farmaco in un periodo di follow up più lungo di quello preso in esame. Ma questo studio può comunque aiutare i medici per quanto riguarda la terapia ottimale per i pazienti con insufficienza cardiaca.
INSUFFICIENZA CARDIACA, STUDIO SU SACUBITRIL-VALSARTAN
Un altro importante risultato ottenuto da questo studio riguarda il profilo di sicurezza di sacubitril/valsartan, in quanto «i rischi di peggioramento della funzione renale funzione renale e di progressione verso l’ESRD erano simili tra i sottogruppi con o senza CKD». Inoltre, la ricerca si è concentrata anche sul dosaggio, perché la maggior parte dei pazienti coinvolti non hanno ricevuto la dose standard raccomandata (<200 mg/die). A 3 mesi, rispetto ai pazienti che hanno ricevuto sacubitril/valsartan 50 mg/die, quelli che potevano tollerare una dose di 100 mg/die o 200 mg/die avevano un rischio inferiore di esito composito fino alla fine dello studio. Invece non è emersa una differenza significativa nel rischio di esito composito tra coloro che ricevevano 100 mg/ giorno o 200 mg/giorno. Questi dati supportano la considerazione che una dose più bassa (100 mg/giorno) di sacubitril/valsartan può anche essere clinicamente benefica durante il vulnerabile periodo post-ospedalizzazione nei pazienti con insufficienza cardiaca.
«In conclusione, rispetto alla terapia con ACEI/ARB, l’inizio della terapia con sacubitril/valsartan in pazienti ricoverati per HF acuta è stata associata a tassi più bassi di riospedalizzazione per HF e di morte, senza alcun aumento del peggioramento della funzione renale o dell’iperkaliemia grave eventi», scrivono i ricercatori, che in ogni caso suggeriscono ulteriori studi prospettivi per confermare tali risultati.