Saipem ieri è stato il miglior titolo della borsa di Milano con un rialzo di oltre il 13%. La società ha presentato i risultati del 2023 e il nuovo piano industriale. I primi hanno evidenziato una crescita del reddito operativo lordo del 70,5% rispetto al 2022 (raggiungendo 926 milioni), stracciando le stime degli analisti. Gli obiettivi 2024, invece, assumono un altro rialzo annuale del 40% del reddito operativo (fino a circa 1,3 miliardi) e poi ulteriore crescita, dei ricavi e dei margini fino al 2027. La società, tra l’altro, distribuirà 500-600 milioni di euro di dividendi a partire dal 2025.



Due anni fa la società crollava in borsa dopo l’annuncio di una perdita di oltre due miliardi di euro; in mezzo c’è un aumento di capitale da due miliardi di euro sottoscritto in buona parte da Eni e da Cdp a 1,013 per azione e concluso a luglio 2022. Ieri il titolo, per la cronaca, ha chiuso a 1,68. Nell’estate del 2022 sottoscrivere l’aumento di capitale, prima dei risultati di ieri e del piano, non era una scelta scontata. La società pagava anche lo scotto dell’entrata in nuovi settori, come l’eolico offshore, che hanno caratteristiche diverse da quelli tradizionali. Per l’amministratore delegato di Cdp, Dario Scannapieco, e per il direttore sviluppo e Business di Cdp Equity, Fabio Barchiesi, non devono essere stati mesi facili. La scelta però è stata lungimirante e oggi la società è un pezzo importante della strategia energetica italiana e può mettere in campo 1,4 miliardi di investimenti, in quattro anni, nello sviluppo del settore energetico.



Non c’è solo lo sviluppo di campi petroliferi e, soprattutto, di campi gas ma anche installazione di pale eoliche offshore, costruzione di linee di alta velocità ferroviaria, di bio-raffinerie, di impianti per la cattura di CO2 o di produzione di ammoniaca verde. L’ammoniaca promette di essere il vettore dell’idrogeno verde.

L’Italia e l’Europa si trovano in uno scenario particolare dopo la crisi in Ucraina e la decisione di imporre sanzioni contro il gas russo. Da un lato c’è la rivoluzione energetica, dall’altro c’è l’esigenza di mantenere competitivo un sistema industriale che nel breve e nel medio periodo rimarranno dipendenti da gas e petrolio. Accelerare troppo sulla transizione rischia di minare la competitività dell’industria europea e di gravare oltremodo sulle tasche delle famiglie. La transizione è un processo che non è ancora definito e, in qualche modo, si stanno ancora sperimentando soluzioni e vagliando tecnologie dalle batterie fino, appunto, alla produzione e al trasporto di idrogeno verde passando per una nuova chimica green.



Aver sostenuto la rinascita di un campione dell’ingegneria europeo è stata una scelta coraggiosa vista l’entità delle risorse richieste e dato anche lo scetticismo degli investitori che a settembre 2022 spedivano il titolo a 0,58, quasi la metà del prezzo dell’aumento di appena tre mesi prima. Oggi, in compenso, il sistema Paese si gode una società che può fare da pivot per le sfide energetiche e infrastrutturali di oggi e di domani.

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