IL SINDACO DI MILANO (CHE NON SI RICANDIDA) NON ESCLUDE RUOLO NEL PROSSIMO CENTROSINISTRA MA LANCIA MONITO AI 5STELLE
Nel pieno dell’emergenza nazionale del “caso Ramy” a Corvetto, il sindaco di Milano Beppe Sala si ritrova in mezzo alle critiche alzate dal Centrodestra per la mancata gestione negli anni delle periferie più disastrate, e pure ad un “campo largo” che non sembra decollare neanche nella giunta da tre legislature in mano alla sinistra. È in questo contesto che risponde alle domande di “La Repubblica” in merito al futuro della coalizione in cui, probabilmente, lo stesso sindaco milanese potrebbe avere un ruolo non da secondo piano. «Il campo largo ora non esiste», è schietto l’ex manager EXPO dopo che i 5Stelle di Conte hanno sia allontanato il centro renziano e sia lasciato dubbi sull’effettiva alleanza con il Partito Democratico nei prossimi appuntamenti elettorali.
«Non riesce a funzionare», insiste Sala con i colleghi di “Rep”, o almeno non riesce ad esistere se non nelle competizioni nazionali che però ora sono lontane ancora 2 anni (nel 2027 le Elezioni Politiche). Quando viene chiesto se dopo il doppio mandato a Palazzo Marino (per cui non si ricandiderà alle Comunali 2026) potrebbe esserci per lui un ruolo da principale federatone tra sinistra e centristi, Beppe Sala replica secco che non è il momento di discutere ora, anche se ammette «Non dico che non potrà interessarmi». Il punto è però guardare quale potrebbe essere la composizione e il programma di una coalizione al momento troppo divisa e sfibrata per rappresentare un’alternativa al Centrodestra a guida Meloni.
Secondo Beppe Sala, fino ad oggi – al netto di qualche vittoria locale – non c’è stato alcun «serio tentativo di mettere assieme un programma comune», oltre ad un fitto gioco di veti e controveti con protagonisti spesso il M5s di Giuseppe Conte. Gli aut-aut del leader ex grillino non piacciono particolarmente al sindaco, ma il vero obiettivo del suo appello all’unità del Centrosinistra è in realtà rivolto a Elly Schlein e all’intera comunità dem in cui è stato parte integrante negli ultimi anni (prima di uscire creando una propria lista civica progressista per le ultime Elezioni a Milano). Serve una visione liberale dentro l’area progressista, e serve sopratutto compiere quel passaggio che il Governo Meloni ha già imparato da tempo, prima con Berlusconi e poi con Salvini: «loro danno spazio a Forza Italia e Noi Moderati, stanno insieme per vincere e poi quando vincono gestiscono le differenze», ragionamento e regola che per la sinistra – ammette Sala – è sostanzialmente «sconosciuto».
BEPPE SALA BOCCIA IL “CAMPO LARGO” E AVVISA SCHLEIN: “COALIZIONE NON SI FA CON UNA FOTO”
Per essere ancora più netto e drastico nella sua bocciatura all’attuale “campo largo”, il sindaco di Milano sottolinea con punta “velenosa” che non basta affatto una foto (o una “birra insieme”) per far credere agli elettori italiani che quella coalizione sia vera: secondo Beppe Sala infatti serve all’interno dell’eventuale alleanza programmatica di centrosinistra, «una visione più liberal democratica che parli a una parte di elettorato che non vuole sentirsi di destra», ma che al contempo verrebbe spiazzato da una proposta «troppo estrema» con l’ala radicale-sinistra. Serve dunque un centro e non solo per il tautologico ragionamento sul “centro-sinistra” da dover costruire: serve l’ala moderata in quanto le riforme da approntare nell’area progressista non possono fare a meno, secondo l’ex manager, dell’impronta liberal-democratica.
Il progetto del “Terzo Polo” messo in campo da Renzi prima e Calenda è imploso, con l’elettorato che si è “raffreddato” dopo gli iniziali buoni risultati elettorali: sebbene però sul ruolo di eventuale “federatone” per il momento “glissa”, Beppe Sala avvisa nuovamente l’alleata e amica Elly Schlein consigliando di non puntare in primis su un nome “accentratore” o appunto un “federatore” (tipo l’ultimo in ordine temporale, ovvero il capo delle Entrate Ruffini, ndr) ma sui “compagni di viaggio“ da imbarcare, così come accadeva ai tempi della Democrazia Cristiana. Secondo il sindaco di Milano, impostare nuovi partiti personali «non attrae più nessuno».