Anche quest’anno il Meeting di Rimini apre la stagione politica post-feriale che avrà al suo centro la sessione di bilancio. La presenza e l’intervento dei ministri e le conclusioni del Presidente Sergio Mattarella (al pari del discorso di apertura del cardinale Zuppi) sottolineano l’importanza di un evento che ha assunto un ruolo primario rispetto ad altri – un tempo di grande prestigio – oggi decaduti a mere conventicole la cui principale occupazione consiste nel rimirarsi l’ombelico.



Proprio in vista degli appuntamenti più importanti della ripresa è stato centrale l’intervento di Giancarlo Giorgetti, il quale ha tracciato i possibili scenari della manovra di bilancio, evitando di fare promesse che il Governo non sarebbe in grado di mantenere. “I prossimi mesi – ha detto il ministro dell’Economia – li vedo con un Governo responsabile, l’abbiamo sempre ribadito, responsabile anche in termini finanziari, ma anche che chiede all’Europa di capire il senso della storia e del momento che stiamo vivendo, altrimenti diventa tutto molto più complicato e magari anche autolesionista”. Ma con grande interesse la platea ha seguito anche l’intervento del ministro Marina Elvira Calderone, la quale sta seguendo dei dossier cruciali alla ripresa con inevitabili ricadute sulla Legge di bilancio.



Nei giorni scorsi, il Foglio ha pubblicato un servizio tipico del periodo estivo: la pagella dei ministri in base all’attività svolta a capo dei loro dicasteri. Calderone è tra i promossi. Il ministro, infatti, si è qualificata non solo per le misure adottate: si pensi all’abolizione del Reddito di cittadinanza e alla predisposizione di altri strumenti di sostegno alla povertà e alla promozione dell’occupabilità che da settembre attendono nuovi adempimenti tra cui la effettiva funzionalità di quella piattaforma che dovrebbe servire all’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Il ministro ha dimostrato una particolare sensibilità verso il problema più serio del marcato del lavoro: il mismatch tra domanda e offerta, la più grande contraddizione da cui non riusciamo a venire a capo e che è divenuto un limite per la stessa crescita economica.



Ormai non è più solo un problema di competenze che non si trovano, ma di vera e propria disponibilità ad accettare un posto di lavoro regolare e retribuito in base alle norme vigenti. È in quest’ambito che si riaprirà, insieme al Parlamento, la questione del salario minimo. Calderone sta lavorando in sinergia con il Cnel per approfondire le reali situazioni esistenti nei settori e nei territori. L’obiettivo è quello di non lasciarsi imprigionare nella trappola di una retribuzione legale oraria come soluzione del problema del lavoro povero, ma di impostare una strategia fiscale, contrattuale, che coinvolga le parti sociali che, durante i 40 giorni del tormentone tra le forze politiche sono rimaste sugli spalti a fare il tifo per le squadre in campo senza assumersi delle responsabilità. Quando si parla di retribuzioni non è concepibile che la Confindustria e le sue consorelle al pari delle confederazioni sindacali marchino visita.

Ma i meriti di Calderone stanno anche nelle sue omissioni. In tutti questi mesi la titolare del Lavoro è riuscita a portare sul cammino dei passi perduti le organizzazioni sindacali sul tema delle pensioni. Anche a Rimini le è riuscita l’operazione di dire e non dire. “Non torneremo indietro su alcune situazioni che sono legate a degli anticipi pensionistici. Dovremo lavorare per comprendere come inserire altri strumenti e rivederne alcuni, come l’Ape sociale, che vedo più ampia, e per le donne”. Così la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Calderone, sul tema delle pensioni e sulla proroga di Quota 103. “Penso – ha aggiunto – che ci siano gli strumenti per fare una riflessione che non sarà definitiva ed esaustiva, che dovrà tenere conto delle disponibilità ma nell’ottica di un percorso che è iniziato e arriverà a compimento in legislatura”. Calderone ha poi rimarcato che “puntiamo a mettere in campo una serie di azioni per strutturare interventi a favore di giovani e donne”.

La verità su questo problema l’ha ammessa Giorgetti: con questi trend demografici – in cui aumentano i pensionati da anziani/giovani, mentre diminuiscono le persone in età di lavoro e quindi i contribuenti – è un fatto di numeri, prima ancora che di qualità dell’occupazione e delle retribuzioni. A Calderone tocca tergiversare fino a quando questi dati cruciali entreranno nella testa dei sindacati e di qualche collega di Governo.

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