In Italia parlare di stipendi è sempre stato un argomento riservato, privato, e in alcuni ambiti addirittura un tabù. Si tratta di informazioni che raramente vengono condivise, nemmeno tra colleghi stretti. La retribuzione è considerata una questione privata, un dato quasi intimo, qualcosa che non si chiede e di cui non si parla. Eppure, tra poco tempo, questo scenario dovrà cambiare, probabilmente in modo radicale.
L’Unione europea, infatti, ha introdotto la Direttiva 2023/970 sulla trasparenza retributiva, che impone agli Stati membri di garantire maggiore chiarezza sui salari per combattere il divario di genere. L’Italia, come tutti i Paesi dell’Ue, dovrà recepirla entro il 7 giugno 2026.
Anche se molto è stato fatto e si sta facendo sulla parità di genere, a oggi non risulta che la Direttiva sia stata recepita. Questo significa che il tema degli stipendi, finora relegato alle conversazioni private o alle supposizioni e alla macchinetta del caffè anche o al gossip, diventerà oggetto di regolamentazione e divulgazione.
Ma cosa comporterà questa direttiva nella pratica? E come influenzerà le aziende italiane?La normativa distingue gli obblighi aziendali in base alle dimensioni dell’impresa: quelle con oltre 250 dipendenti dovranno comunicare annualmente alle autorità competenti il divario retributivo tra uomini e donne; quelle con 150-249 dipendenti dovranno effettuare questa comunicazione ogni tre anni; quelle con meno di 150 dipendenti per ora, non hanno alcun obbligo specifico di comunicazione periodica.
Tuttavia, tutti i datori di lavoro, indipendentemente dalla grandezza dell’azienda, saranno tenuti a garantire la trasparenza retributiva nei processi di assunzione e a fornire informazioni salariali ai propri dipendenti.
Le microimprese italiane: un panorama complesso
L’Italia è un Paese di microimprese. Secondo gli ultimi dati Istat, più del 90% delle imprese italiane rientra in questa categoria, ossia aziende con meno di 10 dipendenti. La media dei dipendenti per impresa è di circa due, e complessivamente le microimprese impiegano circa il 40% dei lavoratori del settore privato. Sono loro il cuore pulsante dell’economia, ma sono anche le più sensibili di fronte a cambiamenti normativi che impongono nuovi obblighi burocratici e di trasparenza.
Le microimprese dovranno adattarsi a un nuovo contesto in cui la retribuzione non sarà più un segreto di Stato. Un dipendente potrà infatti chiedere all’azienda informazioni sulla media retributiva del suo ruolo, suddivisa per genere. E qui arriviamo alla vera questione culturale: siamo pronti a questo livello di trasparenza?
FAQ (ovvero: le domande che tutti si faranno, ma a cui nessuno sa ancora rispondere davvero)
Le risposte che troverete sono un tentativo di interpretazione della norma, senza alcuna velleità ufficiale.
Quali dati può richiedere un dipendente all’azienda?
Secondo la normativa, il dipendente può chiedere la retribuzione media dei lavoratori che svolgono la sua stessa mansione, suddivisa per genere. Quindi non lo stipendio specifico di un altro dipendente.
Ma la retribuzione non è un dato privato?
Sì, la privacy rimane fondamentale, ma qui la normativa impone una trasparenza strutturale, non individuale. Resta da vedere come si bilanceranno questi due principi.
E se in un ufficio ci sono solo due persone con lo stesso ruolo?
Qui la questione si fa interessante. Se la media salariale viene comunicata e i lavoratori sono solo due, uno potrà sapere con una certa precisione quanto guadagna l’altro. Problema? Forse. Ma la Direttiva non ha ancora chiarito del tutto questi aspetti.
Quando si parla di retribuzione, si considerano anche bonus, premi, trasferte?
La normativa menziona la “retribuzione”, ma senza entrare nei dettagli sulle componenti variabili. Un punto che sarà sicuramente oggetto di interpretazioni e discussioni nei prossimi anni.
Un cambiamento culturale inevitabile
Questa Direttiva non è solo una questione normativa. Tocca un nervo sensibile nella cultura lavorativa in Italia, dove parlare di soldi in azienda è sempre stato un tema delicato. La trasparenza retributiva introdotta dall’Ue potrà portare vantaggi in termini di equità, ma anche momenti di imbarazzo, conflitti e nuove dinamiche nei rapporti di lavoro.
Dal 7 giugno 2026, qualcosa cambierà. Forse non sarà subito una rivoluzione, ma il “cambiamento cambia” e si inseriranno nuove dinamiche che richiederanno un equilibrio tra trasparenza e privacy, riservatezza ed equità. Ho proprio l’impressione che ne riparleremo presto.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.