C’è uno dei 29 punti del contratto, pardon, dell’accordo di programma del nuovo Governo giallo-rosso che ha attirato la nostra attenzione. Sia chiaro, alla nostra età non ci aspettiamo più di essere positivamente colpiti da un programma di governo, da un discorso di un uomo politico: quel leggero velo di cinismo che da un certo momento in poi ti colpisce coprendoti del tutto, in noi si solleva solo davanti ai Novissimi, ai discorsi del Papa (Francesco, mica Matteo, sia ben chiaro), a quel che la Chiesa ci dice.



Noi siamo rimasti colpiti perché, improvvisamente, siamo tornati indietro di qualche decennio, ci siamo sentiti di nuovo giovani e nelle nostre orecchie ė risuonata la voce di chi ci ha insegnato il mestiere di sindacalista. “Ricordatevi – diceva a noi sbarbatelli – che se non passerà l’erga omnes, il nostro destino sarà segnato”. E noi lo si ascoltava.



“Erga omnes”, formula che il latino liceale ti faceva tradurre, ma che poi la politica ti smontava: come potevano aver valore per tutti contratti che erano fatti solo dalle parti? E poi, se fosse passata, quali le conseguenze per i tanti sindacati? E i padroni (allora si diceva così) come avrebbero reagito?

Ora, in questa epoca di bizzarrie, di colori politici tanto nuovi da sembrare vecchi e tanto vecchi da voler sembrare nuovi, in un’età dove più che l’apparire e il fare vale il dichiarare, in cui se sei un politico di grido ti puoi pure permettere di far fare a tuo figlio un giro sulla moto della polizia e poi di accusare i giornalisti di essere vagamente attratti dagli adolescenti, un’epoca in cui comunisti di ferro (Putin) si alleano e finanziano le destre estreme europee, ora sembra che questo Governo potrebbe finalmente realizzare quanto predisse tanti anni fa quel nostro Maestro.



Sì, nel programma di Governo c’è scritto che il problema del salario minimo si potrebbe risolvere, per esempio, all’interno di un sistema che preveda che i contratti più rappresentativi abbiano valore universale sia verso chi è iscritto sia verso chi non è iscritto al sindacato, come oggi, ma soprattutto che essi vadano a coprire, volenti o nolenti, anche quei settori, quelle nicchie (che poi stanno diventando voragini), fatte di aziende che si creano il loro sindacatino e con quella loro graziosa creatura sottoscrivono contratti di lavoro che sono tanto pieni di fantasie, quanto carenti in materia di diritti.

Perché la discussione si era normalmente avvoltolata intorno al nodo del salario per ora di lavoro. Ma se lavorare per 9 euro l’ora è meglio che lavorare per 5 euro, è altrettanto vero che se a quei 9 euro non aggiungi tredicesima, ferie, malattie, diritti di diversa natura, quell’aumento risulterebbe illusorio.

Tantissima parte del mondo imprenditoriale, in effetti, negli ultimi decenni si era inventata un modo fantasioso per fare contratti di lavoro che si collocano a metà strada tra lo schiavismo e lo sfruttamento: invece di non applicare contratti, di far lavorare in nero, di soffocare i propri dipendenti con le minacce, contattava (e qualche volta creava e sovvenzionava) un sindacato più o meno rappresentativo (e meno lo era, meglio era), e con quello firmava accordi dove il salario minimo orario era equivalente a quello pagato in Birmania; la malattia, la tredicesima, le ferie, erano equiparate a quelle dei cavatori di pietre nell’antico Egitto; i diritti in termini di sicurezza, formazione, tutele sociali erano presi pari pari dai sacri testi giuslavoristi applicati nelle coltivazioni cotoniere dell’Alabama negli anni precedenti la Guerra di secessione americana.

Se davvero si ottenesse questo risultato, alzare il livello minimo del salario orario a 9 euro, ma garantendo nel contempo i diritti previsti dai contratti nazionali firmati dai grandi sindacati Cgil, Cisl e Uil, non c’è dubbio che i lavoratori ne avrebbero un grande vantaggio, soprattutto quelli tipo i rider, ma non solo, basti pensare ai soci lavoratori di alcune cooperative.

Ma ci sarebbero serie e gradite ricadute anche da un punto di vista politico più generale. Non vi sono dubbi, infatti, che per i grandi sindacati sarebbe una rivincita determinante sulle tante, tantissime, microsigle sindacali, che negli anni recenti hanno eroso quote di “mercato”, puntando sulla maggiore disponibilità a chiudere gli occhi e a firmare senza guardare troppo per il sottile.

Sarebbe un bene anche per Confindustria? Beh, diciamo che ne trarrebbe anch’essa un vantaggio, perché tanta, forse troppa, imprenditoria, ha pensato bene di staccarsi dalla casa madre per fare da sé, convinta che avrebbe giocato una partita più libera e performante, andando a incidere sui costi del lavoro, invece che su competitività, formazione, innovazione.

Insomma, vuoi vedere che magari sul lavoro qualche idea buona potrebbe pure venir fuori da questa bizzarra situazione?

Leggi anche

SALARI E POLITICA/ Le due strade davanti all'Italia per sconfiggere il lavoro poveroSINDACATI E CONTRATTI/ La risposta a salario minimo e inflazioneSPILLO SINDACALE/ Gli errori di Landini e Bombardieri sulla rappresentanza