Le distanze sul tema salario minimo sembrano essere state ampiamente colmate nel corso della tre giorni “Futura 2021” organizzata dalla CGIL. In quella sede la posizione del segretario sindacale Maurizio Landini, e quelle dei leader del M5S e del Partito Democratico, Giuseppe Conte ed Enrico Letta, sono apparse avvicinarsi. Anche il Consiglio europeo sta cercando di arrivare ad una posizione comune per definire una direttiva che gli Stati UE dovrebbero infine recepire, ma gli ostacoli sono ancora tanti e il tema non di immediata comprensione per l’opinione pubblica. Di cosa si parla quando si dicute di salario minimo? Come spiegato dal Corriere della Sera, la misura nasce per venire incontro a quelle persone che, pur lavorando a tempo pieno, hanno retribuzioni non allineate al costo della vita. Si tratta di un fenomeno diffuso, acuito dalla crisi del 2008, e che nel corso degli anni ha rappresentato insieme al Reddito di cittadinanza uno dei cavalli di battaglia del Moviemnto 5 Stelle. A conferma di ciò, l’ex ministra del Lavoro Nunzia Catalfo ha depositato in Senato un nuovo Ddl, aggiornamento di un testo presentato nel 2019. Lo stesso anno, sempre a Palazzo Madama, anche il Pd ha presentato la propria ricetta, ma le due proposte sono sempre state dissimili e difficili da mettere d’accordo. Da allora, però, il contesto è cambiato: Pd e M5s sono protagonisti di un’alleanza non strutturale ma diffusa, e la volontà politica potrebbe fare il resto.



Salario minimo: cos’è, perché se ne parla e gli ostacoli

Secondo il Movimento 5 Stelle il salario minimo dev’essere definito per legge dal Parlamento a partire dai 9 euro lordi ad ora. La proposta del Pd allora guidato da Nicola Zingaretti concedeva invece alle parti sociali del tempo per arrivare ad un’intesa rispetto ai criteri di misurazione della loro rappresentanza: in assenza di quest’ultima, il salario minimo sarebbe stato calato dall’alto. Tra gli ostacoli maggiori fin qui incontrati dai sostenitori dell’introduzione del salario l’opposizione delle parti sociali. Dalla Cgil a Confindustria, tutte considerano l’imposizione dei minimi per legge una sorta di delegittimazione del loro ruolo, sostenendo che “i minimi li definiamo noi con i contratti nazionali“. Come osservato dal Corriere della Sera, però, i contratti nazionali sono una selva: ad oggi 985 e in costante aumento. Vi è poi una questione “costituzionale“: l’articolo 39 della Carta prevede infatti che soltanto i sindacati “registrati” possano stipulare contratti con validità erga omnes. Cosa succederebbe per i minimi contrattuali contenuti in accordi firmati da sindacati non registrati. Nel resto d’Europa sono 21 su 27 gli Stati ad avere il salario minimo: la Germania lo ha implementato dal 2015, con la SPD che ha promesso in campagna elettorale di alzarlo a 12 euro l’ora. Sprovvisti di salario minimo, come l’Italia, i Paesi scandinavi, che coprono, come nel Belpaese, la gran parte dei lavoratori con i contratti collettivi nazionali

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