Mentre arriva al termine della sua breve corsa il progetto di legge sul salario orario minimo (Smic) presentato da tutte le opposizioni (tranne Italia viva), il Cnel ha pubblicato, nel 17° Rapporto periodico, l’elenco dei Contratti collettivi nazionali di lavoro depositati nel suo Archivio nazionale, aggiornato al 30 giugno 2023. Quale che sia l’opinione che ciascuno si è fatto in generale sullo Smic e in particolare sul pdl, una riflessione sul numero dei contratti nazionali è sicuramente utile, poiché, secondo la Direttiva europea del dicembre scorso, spetta agli Stati nazionali valutare quale strumento sia più utile per salvaguardare la retribuzione dei lavoratori e migliorare le condizioni del c.d. lavoro povero.



Questo risultato può essere raggiunto attraverso la contrattazione collettiva o, appunto, il salario minimo. I sostenitori dello Smic fanno notare che nell’Ue ben 21 Paesi su 27 hanno introdotto, per legge, una forma di salario minimo. L’Italia, insieme ad Austria, Svezia, Norvegia, Finlandia e Cipro, è inclusa nel novero dei renitenti, ma questa scelta viene giustificata dall’ampia copertura effettuata dalla contrattazione collettiva, ben superiore al 90% dei lavoratori dipendenti. È pertanto utile il contributo del Cnel sul numero dei contratti vigenti.



In primo luogo, viene in evidenza un aumento progressivo e costante del numero dei contratti. E non si tratta, in particolare, di estensione della copertura in settori che ne sono privi. È più facile imbattersi in una pluralità di contratti relativi alla medesima platea che vede quali protagonisti soggetti nuovi che frantumano la rappresentanza e se ne accollano un pezzo. Sono i contratti negoziati da organizzazioni sindacali e datoriali minori, non presenti nel Cnel; non è detto che tutti meritino il marchio d’infamia del “contratto pirata”, ma molti lo sono, anche se ciascuno di essi magari è applicato a un numero limitato di aziende e di lavoratori. Per questi motivi è importante la codificazione impostata dal Cnel in collaborazione con l’Inps, e recepita dalla legge (art. 16-quater del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76), che obbliga le aziende a inserire nelle buste paga e nelle denunce il codice alfanumerico unico relativo al contratto applicato. I codici a partire da dicembre 2021, sono utilizzati per indicare il Ccnl nei modelli Uniemens delle denunce retributive e contributive mensili all’Inps. Mentre, da settembre 2020 il codice attribuito dal Cnel a ogni Ccnl in fase di acquisizione deve essere utilizzato nelle comunicazioni obbligatorie per l’indicazione del contratto al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e nei modelli Uniemens per le denunce retributive e contributive mensili all’Inps. Si tratta di una ricognizione importante che rileva quando un’azienda è tenuta ad applicare, nei casi previsti, i contratti stipulati dalle ooss comparativamente più rappresentative.



Ma, quello che emerge dal Rapporto 2023 induce qualche preoccupazione circa l’effettiva copertura fornita dalla contrattazione collettiva. Vediamo perché. Sono 1.037 i Contratti collettivi nazionali inclusi nell’elenco fino allo scorso mese di giugno (Ccnl lavoratori privati, Ccnl lavoratori pubblici, Ccnl lavoratori parasubordinati e Accordi economici collettivi per alcune categorie di lavoratori autonomi).

Dei 976 Ccnl relativi al settore privato, 553 risultano scaduti (57%). I lavoratori privati con un contratto scaduto al 30 giugno 2023 sono 7.732.902, il 56% su un totale di 13.839.335. Tra i settori contrattuali privati caratterizzati dal maggior numero di dipendenti con contratto scaduto domina la classifica quello del “Terziario e Servizi”, con il 96%, seguito dal settore “Credito e Assicurazioni” con l’85%. Ben diversa la situazione relativa al settore dei “Trasporti” con solo il 6% di dipendenti con contratto scaduto, seguito da “Edilizia, legno e arredamento” e “Aziende di servizi”, con una percentuale pari al 15%. Il Report è corredato da alcune decine di tabelle in cui sono elencati i contratti suddivisi per settore con le loro caratteristiche principali e soprattutto con l’indicazione dei soggetti stipulanti.

Per adesso, non sapremo se lo Smic potrebbe segnare un effettivo miglioramento di questa babele un po’ assurda. La gatta frettolosa ha partorito i gattini ciechi. I regolamenti parlamentari riconoscono alle minoranze di proporre dei progetti di loro scelta perché siano calendarizzati e discussi nelle sedi competenti. Questa indicazione è stata data per il pdl sul salario minimo presentato dal fronte delle opposizioni. Così, per bruciare i tempi hanno finito anche per bruciare il pdl. Alla maggioranza è bastata l’applicazione del regolamento. Grazie all’astensione dei deputati di destra in Commissione, la proposta delle opposizioni è divenuta il testo base su cui presentare gli emendamenti. La maggioranza ha presentato e voterà un emendamento soppressivo; e si toglierà il pensiero. Sic transit gloria mundi. Non ci voleva molto a capire che seguendo questo percorso l’opposizione offriva il collo alla mannaia della maggioranza, che non si sarebbe certo “ravveduta’”per garantire un successo politico degli avversari. In sostanza era tanto l’ardore dei partiti di opposizione di aver trovato, dopo la sonora sconfitta in Molise, un’intesa su di un testo unitario su di un tema importante che il rapporto si è concluso con una eiaculazione precoce.

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