I successi elettorali della Lega e del suo conducator Matteo Salvini mettono in crisi anche l’introduzione del salario minimo garantito a cui il M5S – attraverso la presidente della commissione Lavoro del Senato Nunzia Catalfo – stava lavorando da mesi alla ricerca di un filo d’intesa con il Pd e i sindacati. In vista del vertice annunciato tra Conte e i suoi vice, Salvini ha messo le carte in tavola: il M5S vuole far passare il salario minimo garantito? Calma e gesso: se ne può ragionare; ma visto che il salario lo garantiscono le imprese, se non si riducono le tasse, esse non sono in grado di garantire il salario minimo. Secondo gli osservatori, è questo l’ordine delle priorità: se ne può ragionare; ma visto che il salario lo garantiscono le imprese se non si riducono le tasse, esse non sono in grado di garantire il salario minimo.



A dire il vero quello del Capitano non è un ragionamento del tutto insensato. Ammesso e non concesso che la partita della riduzione del peso fiscale sulle imprese sia effettivamente possibile, aumentare in parallelo il costo del lavoro non sarebbe una buona politica. Del resto anche i sindacati non sono del tutto convinti. Secondo Francesca Re David, leader della Fiom, con le proposte di cui si discute si rischia “un taglio dei salari”. “Il salario minimo di un metalmeccanico di terzo livello – ha spiegato Re David – è di nove euro l’ora. Se però conteggiamo tutte le parti economiche che prende in un anno quindi le ferie, scatti di anzianità, indennità e Tfr diventano diciotto euro l’ora”.



Viene ribadita, in questo modo, la posizione sostenuta dai sindacati durante il confronto con il Governo. Cgil, Cisl e Uil puntano a un’applicazione erga omnes dei contratti da loro stipulati (attraverso una discutibile ed estensiva applicazione dell’articolo 36 Cost.) piuttosto che alla previsione per legge di un salario orario garantito in misura fissa lungo tutta la penisola. Poi anche i sindacati non possono essere insensibili a una sorta di “nazionalizzazione” del salario che lascerebbe loro scarsi margini di contrattazione.

Nel corso delle audizioni in commissione Lavoro del Senato, i soggetti e le istituzioni convocati hanno messo le carte in tavola. Secondo l’Istat, il salario minimo, con il trattamento previsto, porterebbe in media un incremento di 1.073 euro l’anno per 2,9 milioni di lavoratori, con un costo per le imprese di 3,2 miliardi (ma che secondo l’Inapp supererebbe i 4 miliardi). L’Inps è stato ancora più preciso. Secondo le rilevazioni dell’Istituto, nell’ipotesi di salario minimo lordo pari a 9 euro all’ora vi sarebbe un considerevole miglioramento retributivo per una platea molto ampia di lavoratori subordinati. Di questi, attualmente, il 15% prende meno di 8,50 euro all’ora, il 9% meno di 8 euro. Salendo con il compenso a 10 euro orari, il numero di dipendenti che guadagna meno è pari al 40%.



La Lega, allora, non vuole giocare un altro brutto scherzo alle imprese come quelli subiti da quando la politica economica era stata appaltata all’alleato di governo. Poi ci frulla per la testa un ulteriore dubbio. Bloccando la legge sul salario minimo orario Salvini toglie di mezzo un possibile terreno di convergenza tra i pentastellati e il Pd. Vedremo come reagirà Luigi Di Maio. Ma ormai si è già capito chi comanda nella maggioranza. E non solo lì.

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