SALMAN RUSHDIE, L’ATTENTATO E LA LIBERTÀ DI PAROLA VIOLATA (DA SINISTRA)
Intellettuale, a lungo faro dei progressisti mondiali, Salman Rushdie ha rischiato di morire il 12 agosto 2022 in un gravissimo attentato dove ha perso l’occhio: in coma per giorni, lo scrittore indiano-britannico ha rischiato grosso dopo la sentenza di morte giunta dall’Iran degli Ayatollah. Si è raccontato lunedì scorso nella puntata di Quarta Repubblica, svelando come i tempi di forte pericolo per la libertà di espressione sono oggi ancora più a rischio in Occidente: «Credo che ci sia sempre stato un attacco alla libertà di espressione da parte della destra, ma ora questa pressione arriva anche dalla sinistra progressista», sentenzia Rushdie intervistato dal programma di Nicola Porro.
L’attentato subito per “mano” di mandanti iraniani si lega eccome alle proteste in corso in questi mesi tra università e mondo della cultura contro l’Occidente, dove l’unica verità ideologica proposta è la “cura delle minoranze” (o meglio, di quelle considerate “giuste” dall’opinione politicamente corretta): secondo Rushdie, la generazione di oggi che va in piazza a protestare ritiene sempre più che le idee di giustizia sociale «siano più importanti della libertà di espressione». Per questo motivo, chiosa il ragionamento lo scrittore vittima di attentato, se qualche discorso o pensiero contrasta anche solo un attimo con le idee di giustizia sociale, «allora sono disposti a impedirlo»
GVUERRA IN MEDIO ORITNE, RUSHDIE: “GIUSTO PROTESTARE CONTRO PRATICHE A GAZA MA HAMAS SONO TERRORISTI”
Dalla libertà di pensiero a rischio fino alle proteste che si spargono dalle università al mondo culturale occidentale, per Salman Rushdie vi è un serio rischio che gli atenei (non solo negli Usa) diventino sempre più luoghi di intolleranza, invece che spazi di libertà e dialogo: «Sostenere Hamas è terribile perché Hamas è un’organizzazione terroristica ed è a dir poco da incoscienti da parte di voci progressiste in Occidente difendere quella che è un’organizzazione terroristica».
Secondo l’intellettuale residente negli ultimi 25 anni a New York, è giusto protestare per quello che sta avvenendo a Gaza da ormai più di mezzo anno, ma la tendenza pericolosa che scivola verso l’antisemitismo è da fermare al più presto: «Una cosa è opporsi all’attività del governo, altro è odiare gli ebrei. Purtroppo alcune proteste stanno scivolando da una cosa all’altra», attacca Rushdie nel corso della breve intervista a “Quarta Repubblica”. Come ha spiegato nella sua ospitata al Salone del Libro di Torino la scorsa settimana, lo scrittore indiano ritiene che dall’Ucraina al Medio Oriente, la narrazione del conflitto si basa su una costante lotta per un pezzo di terra: «Tutto sta nella possibilità di riconciliarsi nella narrazione, altrimenti ci sarà una guerra che non avrà fine».