Il salmone, inteso come alimento destinato alle nostre tavole, è stato l’argomento di un servizio di Matteo Viviani a “Le Iene” nel corso della serata di oggi, martedì 11 maggio 2021, nel quale è stato sottolineato a gran voce l’allarme legato agli allevamenti intensivi. Procediamo però con ordine, dicendo che il consumo di salmone è aumentato esponenzialmente negli ultimi anni e, per far fronte a questa eccezionale richiesta, sono nati (soprattutto in Scozia, Norvegia e Canada), centinaia di allevamenti.
Nonostante le severe e restrittive norme che regolano i controlli, ultimamente sono stati lanciati allarmi sulla qualità della carne di salmone proveniente da alcuni allevamenti intensivi, attraverso l’autorevole rivista “Science”, documentari e servizi televisivi. Una criticità sulla quale è stato interpellato Giovanni Ballerini, professore universitario, il quale ha spiegato come non si debba fare di tutta l’erba un fascio: “In Norvegia coltivano alghe attorno alle gabbie per filtrare l’acqua al loro interno, sono avanti anni luce. Dobbiamo quindi costruire situazioni analoghe alla vita selvaggia, altrimenti mangeremo il grasso che mangiano i pesci”.
SALMONI, COME DISTINGUERE I MIGLIORI? IL TRUCCO
La domanda, però, è lecita: come riconoscere un salmone proveniente da allevamento intensivo, dove vi è un diffuso utilizzo di sostanze chimiche, da un salmone proveniente da un allenamento distensivo, alimentato senza sostanze chimiche? La risposta è duplice: innanzitutto, un muscolo poco grasso è più di qualità, dunque le striature di colore bianco devono essere sottili, quasi impercettibili all’occhio umano. Inoltre, quando si esercita pressione con un dito sulla carne, questa deve tornare subito a posto: se non lo fa, quel pesce proviene da un allevamento intensivo ed è ricco di grasso. D’altro canto, le condizioni di allevamento messe in pratica da numerosi centri sono a dir poco aberranti: in vasche dal diametro di appena 30 metri si trovano fino a centomila salmoni, che si ammassano e vengono attaccati dai parassiti, che mangiano la loro carne. A quel punto, si usano organofosfati e medicine per abbattere i parassiti, riversando centinaia di migliaia di litri di sostanze chimiche in acqua. Nei casi più gravi, un macchinario risucchia pesci dalla gabbia e li scaraventa in una vasca bollente, per poi ributtarli in acqua. Il processo uccide i parassiti, ma fa soffrire gli animali.