Lunedì al Salone del Libro di Torino. Come tutti gli anni, forse il giorno più bello. Molti visitatori, e anche alcuni operatori, se ne sono andati, impegnati nella settimana lavorativa che bussa alle porte, insensibile al desiderio di chi vorrebbe spendere ancora qualche passeggiata alla ricerca di novità librarie e, più verosimilmente, di vip che si attardano nei padiglioni della Fiera di Torino. Come tutti gli anni i cancelli stessi del Salone del Libro esprimono una preferenza e si aprono più volentieri ai ragazzi delle scuole, della città ma non solo (anzi!), accompagnati da insegnanti più sensibili all’educazione alla lettura e alla curiosità verso questo oggetto strano, così diverso dai cellulari e dai tablet, con quegli strani fogli di carta e tutte quelle formichine nere stampate sopra, che avanzano la pretenziosa richiesta di essere letti. Ci provano, e fanno bene, come fa bene incontrare branchi di ragazzi e bambini che si aggirano a occhi aperti tra gli stand o si siedono un po’ dappertutto, a sfogliare e addirittura a leggere un libro tenuto fermo dalle gambe incrociate.
Anche il Salone del Libro di Torino ha recepito il potenziale bacino d’utenza ed ha adeguato la sua offerta. La novità importante degli ultimi tempi è quello che viene definito generalmente romance per bambini e adolescenti, libri che raccontano di storie in cui i sentimenti vengono spiegati a età che un tempo consideravamo precoci per certi contenuti: romanzi rosa, storie d’amore indirizzate ai bambini. Amori proibiti tra fate e vampiri, le regole per far sì che lui si innamori di lei, San Valentino per minori, istantanee sull’insorgere dei primi baci, libri sulle prime cotte da leggere dai 5 ai 12 anni, anche storie care alla cosiddetta comunità LGBT: è meglio prenderli fin da piccoli. Pare che il settore stia vivendo una fioritura commerciale straordinaria; migliaia di copie che tengono inchiodati i piccoli a storie pensate per loro da scrittori generalmente anglosassoni o scandinavi, luoghi in cui il politically correct è sempre un passo avanti, che ammiriamo e invidiamo per quel progresso che noi barbari mediterranei non riusciamo mai a pareggiare.
Ancora una volta il Salone del Libro di Torino è particolarmente recettivo verso una novità che profuma di soldi più che di reale educazione alla lettura. Non è affatto sicuro, in realtà, che queste prime letture riusciranno ad educare le nuove generazione alla “lettura”: sarà molto difficile che, da questi cloni di Liala destinati ai piccoli, una volta cresciuti si passi a Tomasi Di Lampedusa o Pirandello, Pavese o Svevo, pur senza puntare a Manzoni, a Hugo o, figuriamoci, a Dostoevskij, obiettivi veri e legittimi della scuola e dell’educazione alla lettura. Anche graficamente sono spesso libri dozzinali e seriali, come del resto i manga, il cui settore è preso d’assalto dalla stessa utenza: una diversa fiera del libro, specializzato per bambini e ragazzi, si svolge a Bologna nel mese precedente ed è tutt’altra musica: storie più approfondite ed educative, illustrazioni che spesso sono di straordinario spessore artistico, culture dell’educazione e della lettura provenienti da tutto il mondo. Lì forse bisognerebbe portare i ragazzi.
Proprio in questa direzione vanno i toni trionfalistici espressi alle 17 nella conferenza stampa finale del Salone del Libro di Torino a cui sono stati invitati i giornalisti. Il presidente di Torino Città per il Libro, Silvio Viale, afferma raggiante: “Abbiamo portato i giovani dagli editori”, mentre pare che il numero dei visitatori totale abbia toccato un nuovo record, arrivando alle 222mila presenze. Anche Giulio Biino, presidente della Fondazione Circolo dei Lettori, rimarca che quello di quest’anno “è stato il salone dei giovani”, l’edizione cioè in cui si sono visti più ragazzi. I dati snocciolati dal segretario generale della Fondazione per la Cultura Alessandro Isaia parla di un terzo o quasi di biglietti strappati per gli under 25 e di oltre il sessanta per cento per gli under 40.
Visti così, sembrano davvero dati confortanti per il Salone del Libro di Torino, ma, come sappiamo, ai numeri si possono far dire tante cose. Staremo a vedere. Certo di giovani in giro, soprattutto l’ultimo giorno, se ne sono visti molti. Si poteva magari approfittare dell’occasione per “osare” qualcosa in più dei romance o dei manga. Ricordo un’esperienza di qualche anno fa, quando venni invitato a leggere poesie in una libreria per bambini a Parigi: la libraia giovane e preparata che mi ospitava mi mostrò una collana di libri sui filosofi, come Platone, Kant o Hegel, spiegati ai bambini. Non esattamente i romance. Qua e là anche a Torino si è visto qualcosa. Quasi sempre però piccole iniziative, incontri relegati in stand poco visibili, editori coraggiosi e artigianali, certo mai segnalati dalle code di pubblico che imperversavano per i vip dello spettacolo. Probabilmente l’autentica Italia del libro e della cultura. Sì, staremo a vedere. Il cielo volesse che finalmente, al prossimo sondaggio, la percentuale di lettori nel nostro Paese non fosse, dopo cotanto Salone del Libro di Torino, in calo di nuovo.
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