“Con la Lega nord governiamo insieme da 12 anni, e vogliamo portare avanti quanto abbiamo fatto finora”. Roberto Formigoni, recentemente intervenuto proprio su queste pagine, nonostante la fine del suo lungo governo lombardo, prevede una collaborazione idilliaca con il neo-governatore leghista Roberto Maroni, uscito vincente dalle consultazioni elettorali da poco concluse. Sarà interessante dunque capire quanto la nuova giunta immaginata dal Carroccio si rivelerà in linea con il “formigonismo” e con tutto ciò che questo ha rappresentato negli ultimi 18 anni. Giancarlo Pagliarini, ministro del Bilancio nel primo governo Berlusconi, militante della prima ora della Lega Nord che ha lasciato nel 2007, commenta positivamente in questa intervista a IlSussidiario.net la recente proposta di Maroni: “All’inizio della prima dichiarazione post-vittoria elettorale – ci spiega Pagliarini – Maroni ha proposto che il Presidente della Conferenza delle Regioni, attualmente Vasco Errani, sieda di diritto in Consiglio dei Ministri a Roma per tutelare gli interessi delle Regioni e per essere fattore di garanzia di coordinamento delle politiche nazionali e regionali. Una proposta interessante, aspetto su cui per altro Formigoni è stato decisamente assente”.



Come crede sarà composta invece la nuova giunta?

E’ difficile da dire, però tenga presente che il posto di gran lunga più importante, quello che a mio giudizio pesa anche di più di quello del presidente stesso, è l’assessore alla Sanità. Non riesco a immaginare a chi Maroni voglia adesso far ricoprire questo ruolo, ma sarebbe certamente interessante se optasse per qualcuno come Alessandro Cè, dimessosi in passato dopo un evidente contrasto con Formigoni. Anche se molto probabilmente non accadrà.



Non ha in mente alcun nome per la Sanità?

Francamente no, ma dopo quello che abbiamo visto e ascoltato in campagna elettorale sarebbe bello se Maroni prendesse in considerazione l’ipotesi di nominare assessore alla Sanità lo stesso Ambrosoli, attuando dunque la cosiddetta “formula magica” della Svizzera.

Di che si tratta?

La Svizzera è grande quasi il doppio della Lombardia, ha poco meno dei nostri abitanti e nel governo ci sono sette persone che rappresentano le maggiori formazioni politiche. Sarebbe davvero interessante se Maroni, Ambrosoli, Pinardi, Carcano e pochi altri si ritrovassero insieme in giunta. Dei “diversi” che lavorano assieme per il bene comune.



Crede possa essere una buona idea?

E’ semplicemente la base del federalismo. Dei “diversi” che lavorano assieme, che competono, che si rispettano, per realizzare insieme giorno dopo giorno il bene comune, tenendo sempre presente che l’essenza di una costituzione federale non sta tanto nelle tasse o nel numero di funzioni decentrate, ma nella capacità delle unità territoriali, che devono essere sovrane a tutti gli effetti sul proprio territorio, con competenze irrevocabili, di resistere alla naturale tendenza espansiva del potere centrale. Volendo esagerare, poi, possiamo anche immaginare un’altro scenario.

Quale?

Che, con questa logica, il mandato del presidente della Regione Lombardia duri solo un anno e che sia a rotazione. In questo modo non si formerebbero i “centri di potere” che siamo abituati a vedere e che rendono sempre meno competitivo il nostro sistema-paese, ma soprattutto i presidenti, proprio perché a rotazione, non avrebbero lo spazio per introdurre i “loro” uomini, quindi finalmente vedremmo solo uomini giusti al posto giusto.

Come vede l’alleanza con il Pdl?

E’ questo il problema principale, in particolare riguardo tutto ciò che potrà realmente fare Maroni. Non per colpa sua, naturalmente, ma proprio per la presenza del Pdl. Maroni, per tutta la campagna elettorale, ha ribadito con insistenza la necessità di ottenere quei 16 miliardi in più derivanti dalla promessa di trattenere il 75% delle tasse. Peccato che il 19 giugno 2007 la Regione Lombardia aveva approvato la proposta di legge intitolata “Nuove norme per l’attuazione dell’articolo 119 della Costituzione”. Si trattava del cosiddetto “federalismo fiscale” che, come è stato detto, valeva 15 miliardi per la Lombardia.

Cos’è accaduto poi?

La proposta è stata inserita nel programma elettorale ufficiale del Pdl nel 2008, ma poi si è risolto tutto con un nulla di fatto. Tra l’altro Maroni, intervenendo successivamente in un’intervista a La Stampa (giugno 2008, ndr), aveva detto che il Pdl avrebbe comunque dovuto rispettare gli accordi, prima o poi, eppure non è cambiato niente.

Con questo cosa vuole dire?

Che del Pdl non ci si può assolutamente fidare. In Regione Maroni ha adesso a disposizione 26 seggi su un totale di 80, di cui 15 della Lega e 11 della lista “Maroni presidente”, quindi ho davvero paura che non avrà grande potere decisionale, a meno che ogni tema non sia stato già approvato dal Pdl.

 

(Claudio Perlini)