Strano paese, l’Italia. E pericoloso. Da una parte si sprona a fare; a ingegnarsi di creare lavoro per sé e per gli altri; a intraprendere dando fondo a tutte le proprie energie e capacità. Parole. Dall’altra si tenta di tutto per ostacolare chi osasse provarci. E questo è un fatto. Prendiamo il caso del Rione Sanità: uno dei quartieri più socialmente complessi a Napoli, noto per aver dato i natali all’immortale Totò e per aver ospitato in forma diffusa la fabbrica di scarpe di quel genio creativo che fu Mario Valentino. Ieri e oggi teatro di efferati episodi di camorra. Da una decina di anni vi opera un prete, don Antonio Loffredo, che rappresenta l’anima e il corpo del territorio, autore di un vero e proprio miracolo in terra: la riscoperta delle Catacombe di San Gennaro restituite alla fruizione degli abitanti e di visitatori sempre più numerosi.
Da quando questo infaticabile servo di Dio ha cominciato a smuovere muscoli e coscienze molte cose sono state fatte e molte di più appare possibile fare dove sembrava che tutto fosse destinato all’immobilità più rassegnata, azioni criminali a parte. Munito di fede e di parola, don Antonio ha creato un sistema di cooperative giovanili per l’accoglienza, la manutenzione, la ristorazione, l’oggettistica, il teatro, la musica. Ha favorito la nascita di una fondazione coinvolgendo la piccola imprenditoria del luogo.
In molti si sono accorti dello straordinario attivismo del parroco e del seguito che cominciava ad avere. Tra gli altri il Cardinale di Napoli Crescenzio Sepe, il presidente della Fondazione con il Sud Carlo Borgomeo, l’animatore dell’associazione L’Altra Napoli Ernesto Albanese.
Ora quell’avvallamento naturale e stagnante fonte di tanto dolore ha prodotto perfino un’orchestra giovanile, Sanitansamble, che ha più volte suonato di fronte all’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ed è sempre più richiesta in manifestazioni al Sud come al Nord.
Ora, tutti questi successi riconosciuti e celebrati – frutto di una fatica grande e paziente – non sono sufficienti a scavalcare gli ostacoli che la burocrazia fabbrica in quantità industriale per la sola circostanza di esistere. I tempi si allungano a dismisura, si perdono occasioni. Piantati con forza nella loro terra, don Antonio e i suoi ragazzi hanno stretto accordi di collaborazione con tutte le università del capoluogo elaborando progetti che interessano l’intera area circostante per ridisegnare le funzioni dell’area e ribellarsi a un destino di disperazione.
Il cambiamento che tutti chiedono – e troppi temono – parte dal basso e arriva in alto coinvolgendo le maggiori istituzioni di Comune e Regione. Moltissimi attestati di stima, tante promesse, poche realizzazioni. Il solito muro d’incomprensione contro il quale le migliori intenzioni s’infrangono. Ma c’è una novità che si presenta con il nome e le fattezze del consulente per la Cultura del neo governatore della Campania Vincenzo De Luca. È il filosofo Sebastiano Maffettone, che da uomo di pensiero ha promesso che si aggiungerà alla compagnia per trasformare i sogni in realtà.
A Napoli più che altrove la speranza è l’ultima a morire.