E se ad un cittadino veneto dicessimo che il ticket della sanità viene pagato 4 volte in più rispetto ai cittadini della Sicilia, cosa replicherebbe? Ecco, il problema è proprio qui ed è reale con dati reali comprovati: l’odiato ticket regionale per le prestazioni sanitarie tutti dicono di volerlo abolire ma poi rimane praticamente l’unica entrata fissa e fresca per le casse della Regione, che in quanto a fondi sulla sanità è storicamente in difficoltà al nord e in fortissima difficoltà al sud. I dati di Agenas, l’Agenzia nazionale delle Regioni, «rivelano grandi differenze di incasso per le varie realtà locali e quindi di spesa pro capite. A pagare meno sono gli abitanti delle regioni del Sud, dove le false esenzioni sono più diffuse ma anche dove la crisi batte più duramente. I siciliani sborsano in media 8,7 euro, i veneti 36,2». I dati dimostrano come il Servizio Sanitario Nazionale sia sempre in minore utilizzo da parte dei cittadini: pazienti si sono spostati nel privato puro, dove non ci sono le liste di attesa e talvolta si spende lo stesso o addirittura si risparmia rispetto al costo del ticket, analizzano alcune statistiche sparse nelle principali regioni italiane. I tempi di attesa infiniti e appunto un ticket che spesso crede come cifra di pagamento spingono i cittadini verso le visite e cliniche private, laddove possono chiaramente. Però anche i dati, sempre di Agenas, sulla libera professione “intramoenia”, che è a pagamento, raccontano di un calo di prestazioni del 9%: «potrebbe esserci anche un po’ più di appropriatezza nelle prescrizioni, cioè un’attenzione di medici e pazienti a evitare gli esami inutili» rivela uno studio di Repubblica. Le regioni meridionali sono zavorrate dalle esenzioni, che possono essere per patologia, invalidità o reddito-età (riguardano chi ha meno di 6 o più di 65 anni e un reddito familiare sotto i 36mila euro); «si stima che in certe realtà addirittura l’80% di coloro che si rivolgono alla sanità pubblica abbiano un certificato di esenzione, un dato enorme che fa pensare a una alta diffusione di falsi esenti», riporta l’Agenas. Un dato incredibile riporta come la Campania incassi in un anno 56 milioni di euro e l’Emilia Romagna, che ha oltre un milione di abitanti in meno, 159 milioni. 



I ticket per la sanità «sono nati come strumento per migliorare l’efficienza, rendere le prescrizioni più appropriate e dare equità al sistema», dice Francesco Bevere, direttore generale di Agenas. I dati che vengono riportati sulle regioni e la crisi del ticket sono in alcuni casi impietosi: detto del Veneto che paga il quadruplo secco in più della Sicilia, vi è anche l’Emilia Romagna dove i cittadini non hanno visto diminuire la spesa rispetto alle altre regioni. Spendono in media quasi 36 euro l’anno per la tassa su esami e visite, con il dato pro capite è in linea con quelli di Toscana, Veneto, Friuli, Trento e Bolzano. False esenzioni ma anche crisi economica portano molti cittadini del sud ad evitare esami per risparmiare; «ora dobbiamo evitare che un eccesso di ticket allontani le persone dal servizio pubblico. Inoltre non dovrebbero esserci queste differenze tra i diversi territori regionali», riporta ancora il direttore dell’agenzia. «Sarebbe utile ridefinire la regolazione dei ticket, così da consentire da una parte una possibilità di applicazione differenziata a seconda delle regioni, e dall’altra, soprattutto nelle realtà in piano di rientro, stabilire tetti massimi di spesa a salvaguardia dell’accesso alle prestazioni che sono nei livelli essenziali di assistenza. Così da evitare che chi non ha reddito sufficiente si allontani da cure importanti». 

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