Omissione di assistenza: con questa motivazione, come scrive oggi la Repubblica, un ginecologo di Giugliano in Campania provincia di Napoli è stato licenziato dalla Asl. Una donna incinta che per complicazioni varie rischiava di morire, e necessitava del cosiddetto aborto terapeutico (per legge, quando la vita della madre è in pericolo, si può chiedere di praticarlo) ha subito il rifiuto del medico in quanto dichiaratosi obiettore di coscienza (i medici possono rifiutare di praticare un aborto se ritengono vada contro i propri principi). Ma questo era un caso diverso da una semplice richiesta di interruzione di gravidanza. E’ intervenuta una collega che non era di turno, avvisata dall’ostetrica del pronto soccorso, e le ha salvato la vita praticando l’interruzione di gravidanza.
CHE COSA DICE LA LEGGE
L’episodio risale allo scorso 30 luglio. La donna, secondo le ricostruzioni, stava molto male, e aveva già espulso il feto privo di attività cardiaca. Necessitava però di essere portata in sala parto per completare l’espulsione ed essere curata in quanto in gravissimo stato di salute, rischiava la morte. Il medico di guardia, nella lista dei medici obiettori di coscienza, ha dichiarato di non poter intervenire, anche se era obbligato per legge a farlo. E’ stato chiamato un medico che si trovava a casa che giunto sul posto ha operato la donna. Sono stati informati i medici della Asl di Napoli i quali hanno optato per la sanzione più severa, licenziamento immediato. E’ stato spiegato che, in quanto l’aborto farmacologico era in fase avanzata, il medico non poteva appellarsi all’obiezione di coscienza, doveva invece occuparsi dell’emergenza.