Un corpo viene dichiarato morto quando il suo cuore smette di battere, ma questo non vuol dire che il suo cervello smetta immediatamente di funzionare. A dirlo è Sam Parnia, medico che ha condotto lo studio di cui si sta parlando in questi giorni. Quando sopraggiunge la morte il sangue smette di circolare, e quindi non arriva più al cervello, la cui attività si interrompe «quasi istantaneamente». In quel “quasi” è nascosto il nucleo di questo studio. Parnia ha spiegato infatti che si perdono i riflessi del tronco cerebrale, quello della pupilla, e così via. Anche la corteccia cerebrale, la “parte pensante” del cervello, rallenta istantaneamente, ma appunto rallenta, non si interrompe subito. Nessuna onda cerebrale è visibile su un monitor elettrico, ma in questi secondi in cui si innesta una reazione a catena sui processi cellulari che portano alla morte delle cellule del cervello, questo è ancora in funzione. Ci sono studi condotti su animali, di cui Parnia ha parlato a LiveScience, secondo cui sperimentano un aumento dell’attività cerebrale nei minuti dopo la morte. Da qui l’idea che le persone possano sperimentare qualche forma di coscienza nella prima fase post mortem. Lo ricordano ad esempio i sopravvissuti ad un arresto cardiaco. Ma serviranno ulteriori studi per fare luce su una vicenda così complessa. (agg. di Silvana Palazzo)
NESSUNA ALLUCINAZIONE PRE-DECESSO
Ricercatore presso la Critical Care Medicine e direttore della ricerca sulla rianimazione presso la State University di New York a Stony Brook, Sam Parnia ha spiegato i risultati della sua ricerca a Eurekalert: «Contrariamente alla percezione comune, la morte non è un momento specifico ma potenzialmente un processo reversibile che si verifica dopo qualsiasi grave malattia o incidente. Se si tenta di invertire questo processo, parliamo di arresto cardiaco, ma se questi tentativi non hanno successo parliamo di “morte”». Lo studio condotto ha l’obiettivo di esplorare cosa succede quando una persona scompare, con il dottore che ha sottolineato che prima del decesso non si vivono delle allucinazioni ma delle esperienze vere e proprie.Il 39 per cento dei pazienti sopravvissuti all’arresto cardiaco sono stati in grado di descrivere le percezioni consapevoli, ma senza alcun richiamo esplicito agli eventi: «Più persone potrebbero avere attività mentale, ma perdere i ricordi dopo il recupero a causa di lesioni celebrali o dei farmaci sedativi». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
CI RENDIAMO CONTO DELLA MORTE
Il cervello continua a funzionare anche quando si muore, lo dimostra uno studio che arriva dagli Usa che spiega come ci rendiamo conto della nostra morte. Questa scoperta apre una prospettiva tutta diversa sulla paura di perdere la vita. Se si è sempre pensato infatti che non ci fosse almeno dolore nell’attimo più brutto della vita di ogni uomo l’idea di poter continuare a pensare minimamente dopo la morte ci fa riflettere molto e crea anche grande preoccupazione. La ricerca ovviamente andrà ancora avanti e ci porterà a capire con più precisione cosa accade davvero all’interno del nostro encefalo dopo la morte. Al momento infatti non si sa se ci siano flussi di pensiero o altro dopo che il cuore smette di battere. Al momento però rimane ancora molto complesso capire se l’attività fornita dal cervello sia puramente biologica. Non molto tempo fa era stato fatto un esperimenti simile sui maiali, tanto che a Yale si arrivò a evidenziare come il cervello del maiale rimane in vita addirittura 36 ore dopo che l’animale perde la vita. (agg. di Matteo Fantozzi)
ANCHE SE IL CUORE HA SMESSO DI BATTERE…
E se il cervello umano funzionasse anche dopo la morte? E’ esattamente quello che ha tentato di dimostrare uno studio choc riportato in un articolo del Mirror e ripreso oggi da numerosi organi si stampa, secondo il quale seppur per brevi istanti, il principale organo del sistema nervoso centrale continuerebbe a funzionare anche se il cuore ha appena smesso di battere. Questo, secondo i ricercatori, darebbe alla persona appena deceduta la consapevolezza di comprendere di essere appunto passata a miglior vita. Dopo queste rivelazioni, la classica frase “Tutta la vita ti passa davanti un attimo prima di morire” acquista un senso ancora maggiore. La clamorosa scoperta scientifica riportata dal giornale britannico si basa dunque sulla consapevolezza post-mortem che a questo punto non sarebbe del tutto da escludere. Se fosse vero, dunque, sarebbe possibile rendersi conto di essere morti subito dopo il decesso e avere così la precisa percezione di quello che ci sta accadendo attorno, seppur per un arco di tempo molto ristretto.
IL CERVELLO FUNZIONA DOPO LA MORTE? LO STUDIO
Secondo quanto emerso dalla ricerca sul funzionamento del cervello anche dopo la morte, gli esseri umani continuerebbero a essere consapevoli del mondo circostante anche dopo che il cuore ha smesso di battere. Se però il cervello prosegue nella sua attività, gli altri organi risultano non più in funzione. La ricerca nasce grazie alla raccolta delle testimonianze dei sopravvissuti ad un arresto cardiaco i quali hanno raccontato di aver vissuto una esperienza pre-morte prima di tornare nuovamente alla vita. Sam Parnia, il medico che ha condotto lo studio, in un articolo sul sito Live Science ha spiegato che le persone sopravvissute erano in grado di descrivere cosa accadeva attorno a loro anche dopo che il cuore aveva smesso di battere. “Raccontano di aver visto i dottori e le infermiere lavorare intorno a loro e si ricordano le loro conversazioni”, ha asserito il medico. Se lo studio dovesse trovare conferma, allora vorrebbe dire che anche dopo la morte la persona appena deceduta sarebbe capace di percepire ancora per un po’ di tempo il mondo intorno a sé.