Tra i tanti luoghi comuni che alcuni partiti e molti media diffondono senza alcuna verifica dei dati e dei numeri (ad esempio che in Italia sia in atto una “invasione” di migranti quando paesi come Malta, rispetto alla popolazione, ne ospitano molti più di noi) è che queste persone portano malattie ed epidemie. Secondo i dati del Piano nazionale Aids 2017-19 invece risulta che un migrante su due colpito dall’Hiv sia stato contagiato in Europa o durante il viaggio e non nel suo paese d’origine. Dunque pochissima o nulla “l’importazione” di malattie dal nord Africa o da altri paesi extra europei come si è detto al 31esimo convegno nazionale di Anlaids Onlus che si è tenuto a Genova in preparazione della giornata mondiale sull’Aids. Sono le violenze, gli stupri subiti durante il viaggio, spesso in Libia e le condizioni di vita nei cosiddetti “centri di accoglienza” una volta giunti in Europa provocare nei migranti l’Hiv: “Pur se spesso provenienti da paesi africani in cui la malattia è molto diffusa, in realtà il contagio dei migranti avviene nella metà dei casi una volta partiti verso il vecchio continente”.



MANCANZA DI STRUTTURE SANITARIE NEI CENTRI DI ACCOGLIENZA

Lo studio è stato condotto in 57 strutture per il trattamento dell’Hiv Italia compresa su oltre 22000 migranti infetti dall’Hiv: “I risultati mostrano che il 50% dei migranti che vive con Hiv in Europa si è infettato nel Paese di arrivo, con un tasso di infezione va dal 32% al 64% a seconda del Paese ospitante”. La permanenza in Libia poi aumenta di quattro volte il rischio infezione. “Arrivati in Italia, spesso vengono meno quelle che l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce ‘determinanti di salute’. In breve, le precarie condizioni di vita provocano un maggior rischio di ammalarsi” ha detto Tullio Prestileo dirigente medico dell’Unità Operativa di Malattie infettive dell’Ospedale Civico Benfratelli di Palermo.

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