In occasione della Giornata mondiale contro l’Aids, Jonathan Bazzi ha deciso di raccontarsi alla rivista Vanity Fair per lanciare un messaggio ai giovani, parlando loro della scoperta della sua sieropositività. Era l’11 gennaio 2016 quando, dopo un weekend trascorso con il fidanzato, ha cominciato a sentirsi strano a causa di una febbre che non riusciva a guarire. Da allora sono passate alcune settimane durante le quali Jonathan ha ipotizzato qualsiasi tipo di malattia. Almeno fino al verdetto: ha contratto il virus dell’Hiv. Il periodo successivo è stato difficile ma poi ha cominciato a farsene una ragione, riuscendo a trovare un nuovo equilibrio. Il merito è della ricerca che ha fatto passi da gigante negli ultimi anni: “Le persone che hanno contratto il virus, se sono stabilmente in terapia, arrivano a non essere più infettive. I fatti medici, farmacologici oggi sono quindi del tutto diversi agli anni ’80 e ’90. Quello che purtroppo ancora persiste è la cultura del silenzio, della vergogna e dello stigma. L’idea che i sieropositivi siano appestati, sporchi, pericolosi. Colpevoli, scellerati, corrotti”. (Agg. di Dorigo Annalisa)
“Voglio raccontare l’Hiv dall’interno”
Febbre è il libro di Jonathan Bazzi dove si racconta la storia di questo ragazzo da quando ha scoperto di avere il virus dell’Hiv. Il 33enne milanese spiega a Vanity Fair: “Voglio raccontare l’Hiv dall’interno perché l’immaginario va aggiornato, riscritto immediatamente. La supposta separazione tra mondo dei salvi e dei dannati va smantellata e dissolta. Il virus riguarda tutti. Non è la peste degli omosessuali, non sono malattie di tossici e prostitute. Purtroppo basta un semplice rapporto anche con il proprio marito o la propria moglie. Sono i comportamenti ad essere a rischio, non le persone. L’unico modo di difendersi è usare il preservativo e fare il test”. Il ragazzo racconta di come sia consapevole della paura del test che per un decennio gli ha impedito di prendersi cura della sua vita, rischiando davvero moltissimo. L’obiettivo dei soggetti potenzialmente a rischio deve essere quello di andare oltre la paura, perché l’uomo è più grande di lei e in grado di sconfiggere tutto. (agg. di Matteo Fantozzi)
Il racconto per proteggere i giovani
Jonathan ha deciso di raccontare il momento in cui ha scoperto di essere positivo all’Hiv, una cosa che spera possa essere d’insegnamento soprattutto per i più giovani. Jonathan Bazzi ha 33 anni e vive a Milano, un po’ casualmente ha scoperto di essere sieropositivo e di aver dunque contratto l’Hiv. Racconta a Vanity Fair: “Ho scoperto di essere sieropositivo due anni fa, non avevo mai fatto un test prima. L’ho scoperto perché il mio corpo ha iniziato a cedere a causa di un’infezione. Sono stato prima un adolescente e poi un ragazzo impaurito, molto suggestionabile. Ho rimosso, ho fatto finta di niente per anni. Ero convinto che fosse sufficiente stare attenti, ma non è stato così non è bastato. Non so quando ho preso il virus”. In occasione della Giornata Mondiale dell’Aids Jonathan ha raccontato quello che uscirà solo nel 2019 e cioè il suo primo romanzo edito da Fandango, Febbre. In questo racconterà tutta la sua storia di come poi ha dovuto per forza accettare questo riscontro e si è dovuto superare per riuscire a non farsi tentare dalla voglia di mollare.
Jonathan: “Io positivo all’Hiv, ecco quando l’ho scoperto…”
Jonathan Bazzi ha esorcizzato la scoperta di essere sieropositivo, di aver contratto l’Hiv, con un libro dove ha raccontato le sue emozioni. A Vanity Fair ha spiegato: “Quello che oggi conta per me è la mia vita. Dopo mesi di turbolenze e scosse di assestamento è tornata a scorrere come prima. Ero inquieto e lo sono ancora, avevo sogni e ne ho ancora. Quello che oggi deve essere chiaro è che nel 2018 un sieropositivo in terapia ha un’aspettativa di vita uguale a quella degli altri. Non si trasfigura in un cadavere vivente, non riceve una condanna perché la ricerca medica ha fatto dei passi da gigante”. Sono parole di chi ci è passato e che vuole portare avanti la sua vita con emozione e provando soprattutto emozioni. Jonathan spiega pure come non c’entri esclusivamente il fatto di aver avuto troppi rapporti sessuali, perché questo è una sovrastruttura culturale, uno stigma, una superstizione. Il suo racconto sarà sicuramente utile per spiegare una difficoltà che si può affrontare ma non si può dimenticare.