Negli ultimi trent’anni si sono fatti passi da gigante per quanto riguarda la cura dell’Hiv e dell’Aids. Da malattia che provocava nella quasi totalità dei casi la morte, si è passati ad un virus controllabile, con cui si può convivere quotidianamente, e che in alcuni casi permette anche la procreazione. In Italia sono circa 3500 le persone che ogni anno si ammalano del virus Hiv, e soprattutto, vi sono moltissimi infetti che non sanno di esserlo. Si calcola infatti che circa 13/15 mila persone sarebbero malate, ma ignorano totalmente il fatto di esserlo, visti i pochi sintomi provocati da questa infezione. Dati che sono stati snocciolati durante il recente Congresso annuale Icar (Italian Conference on AIDS and Antiviral Research), tenutosi a Roma. Per l’occasione, quotidianosanita.it, ha interpellato Andrea Antinori, Direttore Sanitario I.N.M.I. Lazzaro Spallanzani, Roma e presidente dello stesso congresso, che ha aggiornato la questione riguardo alle ricerche che si stanno effettuando per individuare una cura “definitiva”.



“LA RICERCA E’ ATTIVA, IL CASO DI RAY BROWN…”

«La ricerca è più che mai attiva – afferma – oggi abbiamo ottenuto un controllo stabile, cronico, a lungo termine dell’infezione, il passaggio successivo è quello di eradicare la malattia o ottenere quella che si chiama ‘cura funzionale’, dove è possibile sospendere la terapia e il paziente, a quel punto, controlla spontaneamente l’infezione». Un traguardo che sarebbe storico, visto che attualmente, un paziente affetto da virus Hiv, se interrompe la cura rischia, di vedere il replicarsi del virus, con l’immunità che torna a scendere: «Questo è il grande problema – ha proseguito Antinori – che ci costringe a somministrare vita natural durante i farmaci. Il vero problema è la quota di virus che è latente nelle cellule di deposito, prevalentemente linfociti, e non è raggiungibile dagli antiretrovirali». Al momento si sta lavorando su alcune cure pionieristiche ma Antinori frena gli entusiasmi: «I risultati sono ancora molto preliminari, sono ancora studi Proof of Concept, non registrativi». Quindi l’esperto chiude così: «Per ora sappiamo che c’è stato un solo paziente al mondo, il famoso Timothy Ray Brown, in cui la cura funzionale sia stata casualmente possibile, ma ovviamente questo è un obiettivo che la scienza si pone per tutti quelli che hanno l’infezione». Passi da gigante sono stati fatti, ma siamo solo a metà del percorso.

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