La Legionella ha colpito indistintamente tutto il nord Italia, dal Veneto alla provincia di Brescia, passando per quella di Monza e arrivando fino a Torino. E proprio nel capoluogo piemontese si è registrata nelle ultime ore una nuova vittima da legionellosi. Come riferisce La Repubblica, si tratta di una signora anziana di 83 anni, ricoverata all’ospedale Maria Vittoria di Torino, dove è morta nella giornata di domenica 16 settembre. La donna ha iniziato ad accusare i primi sintomi della malattia dopo essersi sentita male dal ritorno dalle vacanze in Liguria; a quel punto si è rivolta al pronto soccorso dove, dopo accurati controlli, hanno iniziato la cura per la legionellosi: la cura antibiotica non è però riuscita a debellare la malattia, e la donna è morta pochi giorni dopo il ricovero. Si tratta della seconda vittima in una settimana in Piemonte, dopo una donna di 61 anni, anch’essa ammalatasi al rientro dalle vacanze. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



BATTERIO TRASMESSO DALLE TORRI DI RAFFREDDAMENTO

Il batterio della legionella è stato trasmesso dalle torri di raffreddamento delle aziende. Il mistero dell’epidemia di polmoniti batteriche che ha seminato apprensione nella Bassa bresciana è stato svelato. Dalle analisi effettuate da Ats Brescia è emerso che 9 delle 14 torri di raffreddamento presenti nelle industrie che costellano il territorio sono risultate positive alla legionella. Come riportato dal Giorno, sarebbero quindi esclusi gli acquedotti e gli altri impianti di distribuzione acque che non presentano alcuna criticità. «Tranquillizzo tutti cittadini sul fatto che possono continuare a bere e utilizzare in tutta tranquillità l’acqua della rete idrica», ha dichiarato l’assessore al Welfare della Regione Lombardia, Giulio Gallera. A seguito di questi risultati, l’Ats Brescia ha chiesto la sanificazione di alcune aziende del territorio. Andrà poi valutato se le stesse abbiano effettuato valutazioni di rischio biologico e autocontrolli. (agg. di Silvana Palazzo)



LEGIONELLA IN LOMBARDIA: EPIDEMIA UNICA AL MONDO

L’epidemia da legionella che si è diffusa in Lombardia e che ha portato ad una catena di infezioni in 9 differenti comuni della bassa bresciana orientale e dell’alto mantovano, rappresenta un caso unico al mondo. A dirlo è Gianni Rezza, capo del dipartimento di malattie infettive ed epidemiologia all’Istituto Superiore di Sanità che, come spiega Corriere.it, così ha commentato quanto verificatosi nelle ultime settimane: “Non sono riportati nella letteratura scientifica precedenti con caratteristiche così particolari”. Lo stesso Rezza sta seguendo da vicino i vari casi finora segnalati. I numeri parlano da soli: dal 2 settembre ad oggi, sono stati 250 gli ingressi al pronto soccorso per polmonite, il più grave dei sintomi della legionellosi. Due i decessi, di cui uno con diagnosi confermata. Nel 70% dei casi si tratta di pazienti anziani o con problemi di difese immunitarie. Intanto sono ancora in corso gli esami al fine di accertare quanti di quelli sospetti sono da considerarsi certi. Al momento si parla di ben 40 casi accertati ma destinati a salire, sebbene la curva delle infezioni sia in discesa. Il picco dell’epidemia si è registrato tra il 6 ed i 7 settembre con una propagazione del batterio molto rapida. Attualmente però i contagi sono in calo.



CONTAGI IN CALO, MISTERO SU CAUSE

Il Italia, il fenomeno da legionella viene considerato sottostimato, sebbene esista da anni un registro nazionale anche nel nostro Paese. Ma quali sono le stranezze rispetto al passato? A differenza di quanto registrato nel 2015, quando le diagnosi erano 1570 (e poco di più negli anni successivi) oggi è accaduto qualcosa di decisamente anomalo messo in risalto proprio da Rezza dell’Iss: “La zona interessata è molto ampia, di solito invece si tratta di focolai ristretti. Sappiamo per certo che non c’è trasmissione da persona a persona e ipotizziamo che tutti i casi dipendano da un unico fattore ambientale che ha favorito la nebulizzazione di acqua infetta”, spiega. Una inchiesta epidemiologica è attualmente in corso ed ha lo scopo di identificare una causa che va ad accomunare tutti i casi. Al momento però, tutte le ipotesi al vaglio sarebbero già state scartate. Se in un primo momento era stata ipotizzata la frequentazione dei medesimi luoghi, questo è già stato smentito dal momento che i 9 comuni coinvolti distano chilometri l’uno dall’altro. Alla base potrebbe esserci stato un cambiamento climatico improvviso ma l’indagine ha già escluso che la colpa sia da attribuire alla rete dell’acqua potabile. L’attenzione sembra essere piuttosto focalizzata sulle torri di raffreddamento degli impianti industriali della zona ma saranno le analisi a dare una risposta definitiva a quello che al momento continua a restare un mistero.