Nell’assenza di piacere in tutto quello che si fa si configura una condizione patologica molto grave, l’anedonia. Nei casi più gravi può sfociare in episodi depressivi importanti che possono portare al suicidio, come accaduto al figlio di Lory Del Santo. L’anedonia non va confusa con l’apatia, che è invece assenza di motivazioni e generale disinteresse per i piaceri della vita. E allora abbiamo approfondito l’argomento con la dottoressa e psicologa Vittoria Maioli Sanese.
Dottoressa Sanese, il caso del figlio suicida dell’attrice Lori Del Santo ha chiamato in causa il termine medico anedonia, l’incapacità cioè di provare piacere in attività normalmente piacevoli come dormire, mangiare, gli amici. Crede che sia una patologia legata all’ambiente familiare?
Certamente nella relazione familiare la cura, l’attenzione, il riconoscimento che si instaura è fondamentale per uno sviluppo sano.
Nel caso in questione il padre non ha mai riconosciuto il figlio ed è rimasto non solo assente, ma anche sconosciuto.
Se ci sono dei fatti che rappresentano delle grandi mancanze questi diventano la concausa, ma non la sola causa. C’è sempre una risposta da parte del bambino di tipo individuale, non tutti rispondo allo stesso modo. C’è chi viene al mondo con un patrimonio genetico particolare che non è in grado ad affrontare quello che la vita gli mette davanti.
Quando un genitore dovrebbe capire, accorgersi che nel figlio c’è qualcosa che non va e deve rivolgersi a uno specialista?
Da una parte oggi dobbiamo combattere il ricorso allo specialista per ogni colpo di tosse. Quando c’è una situazione particolare è difficile capire quando davvero rivolgersi allo specialista ma è difficile anche per lui orientarsi. Fare diagnosi a questo livello è una delle cose più difficili. Oggi neurologia e neuroscienze ci stanno insegnando molte cose, il tentativo di non suddividere ma fare un approccio unitario è l’aspetto migliore, ma la lettura dei sintomi è molto difficile.
Lei si occupa di formazione di gruppi di genitori ed educatori, è qualcosa che ritiene utile anche per chi non ha problemi particolari in famiglia?
Oggi direi che è fondamentale perché si è molto trasformato il rapporto coi figli. E’ diventato un rapporto di formazione tecnica, di prestazione e quindi le tappe evolutive che un ragazzo deve svolgere non hanno più un partner da parte dei genitori ma questo vale anche per gli educatori. E’ necessario riportare i genitori a una coscienza generativa, il generatore oggi presta una opera ma non ha più la coscienza generativa.
Cioè?
La mancanza dell’affermazione dell’identità generativa dei genitori è la causa tanti disturbi dei ragazzi perché il rapporto è diventato solo strumentale, di servizio, invece da un genitore passa un legame che genera l’identità del figlio. E’ qualcosa di diverso dal dare solo cura, e oggi è andato perso completamente.
(Paolo Vites)