Sono oltre 800 mila gli italiani in cura ogni anno per disturbi psichiatrici, per un totale di circa 12 milioni di prestazioni sanitarie erogate. Dei pazienti ospedalizzati, circa 109 mila vengono reinseriti nella società. Tra i disturbi più frequenti, la depressione (37,5 casi ogni 10.000 abitanti; per una spesa di oltre 338 milioni di euro nell’acquisto di antidepressivi) e la schizofrenia e altre psicosi (31,5 casi ogni 10.000 abitanti). La fascia d’età più colpita è quella tra i 45 e i 54 anni, con 38,5 casi registrati ogni 10.000 abitanti; più bassi invece i tassi registrati per i giovani dai 18 ai 24 anni (8,7 per 10.000 abitanti).
Sono le donne a risultare maggiormente affette da disturbi depressivi (28,7 casi ogni 10.000 abitanti contro i 20,8 degli uomini), mentre nei pazienti di sesso maschile si riscontrano più di frequente problematiche collegate ai disturbi psicotici di vario tipo (36,9 casi per 10.000 abitanti contro i 32,8 delle pazienti donne) e all’alcolismo (3,4 contro 2,2).
Questi alcuni dei dati che emergono dal Rapporto sulla Salute Mentale 2016 del Ministero della Salute, di cui si discuterà nei due Convegni di Milano (29 settembre), presso la sede di Via Corridoni 38, e Roma (6 ottobre), presso la sede di Via Panama 48, sul tema “180: Psicoanalisi e Psichiatria a 40 anni dall’approvazione della Legge Basaglia”, organizzati dalla Società Psicoanalitica Italiana (SPI), che a oggi associa oltre 900 specialisti tra medici chirurghi, psichiatri, neuropsichiatri infantili, psicologi e psicoterapeuti, svolgendo attività di formazione e supervisione.
“Senza alcun dubbio la Legge ha rappresentato un passaggio rivoluzionario, scientifico e culturale, nella concezione della malattia mentale e del malato non più come recluso, ma come ricoverato, migliorandone le condizioni esterne e inserendolo in percorsi terapeutici mirati grazie al supporto di diverse figure professionali per favorirne il reinserimento attivo in società”, sottolinea la SPI.
Molti degli psicoanalisti che interverranno erano allora attivi nelle istituzioni, e, sulla base della loro esperienza, delineeranno le sfide per il futuro: maggiori esperienze formative in campo psicoterapeutico per il personale dei servizi territoriali per evitare il prevalere di un approccio di tipo custodialistico nella cura dei pazienti, e maggiori risorse da parte delle istituzioni, soprattutto per consentire progetti di inclusione e risocializzazione.