Una minorenne può operarsi per cambiare sesso, perché così tutela il suo benessere. Lo ha stabilito il tribunale di Genova, che si è pronunciato sul ricorso di due genitori di una ragazza di 15 anni, nel frattempo arrivata a 17 anni. La ragazza è affetta da “disforia di genere”: è transgender, non omosessuale. Anche se non ha raggiunto ancora i 18 anni, potrà sottoporsi ad un intervento chirurgico irreversibile e invasivo che lo Stato sosterrà economicamente «per assicurargli il benessere psicofisico». La sentenza, depositata giovedì, ha un’importanza notevole. Fino a pochi anni fa la giurisprudenza si era pronunciata esprimendo la sua contrarietà, mentre ora si consolida una tendenza opposta. In altri casi non c’erano state operazioni profonde come quelle affrontate dalla 17enne e legittimate dagli psichiatri che hanno poi orientato il verdetto. Ma per i giudici non è stato semplice pronunciarsi sulla domanda delle domande: può un minore sapere cosa vuole ed esserne consapevole? La richiesta di cambio del sesso è stata presentata dai genitori per conto della figlia. Per arrivare alla sentenza è stato ripercorso il lavoro dello psichiatra e dell’endocrinologo che seguono la ragazza.
GENOVA, 17ENNE PUÒ OPERARSI PER DIVENTARE MASCHIO
«Presenta una disforia di genere, non secondaria a condizioni di disturbo psicopatologico. L’identificazione con il sesso maschile è evidente e non appare legata a qualche presunto vantaggio culturale derivante dall’eventuale riattribuzione», si legge nelle carte, come riportato da La Stampa. La ragazza si è sottoposta a trattamento ormonale e nel 2017 è avvenuto il primo intervento, la rimozione dei seni, a Barcellona, perché in Italia l’operazione sarebbe stata fuorilegge, non essendovi allora sentenza favorevole. «Durante gli incontri ha dimostrato coerenza alla decisione, evidenziando consapevolezza sulle conseguenze legali, ma soprattutto affettive e relazionali», spiegano i medici. «L’adeguamento dei caratteri sessuali con trattamento medico-chirurgico demolitorio ha lo scopo di assicurare il benessere psicofisico», scrivono i giudici. Il tribunale spiega che «emerge in modo inequivocabile la non corrispondenza “fisica” della minore, che da tempo nell’ambiente familiare e scolastico è chiamata Alessio, con quella psico-sessuale». Il tribunale ha quindi autorizzato i genitori a correggere i dati anagrafici e a far sottoporre la figlia minorenne ad «ogni ulteriore trattamento medico-chirurgico ritenuto necessario all’adeguamento dei suoi caratteri e organi sessuali, primari e secondari, da femminili a maschili».