Le scimmie malate clonate in Cina hanno fatto molto discutere per via di trattamenti al limite della crudeltà. Queste sono state frutto di una clonazione curata da Quiang Sun, sfruttando la tecnica utilizzata per clonare la famosissima pecora Dolly. Da queste scimmie con disturbo del sonno sono state poi prelevate cellule del tessuto connettivo e inserite in cinque diverse cellule uovo. Giuseppe Novelli, rettore dell’Università di Tor Vergata e genetista, ha spiegato: “Un modello animale biologicamente tanto vicino a noi potrà aiutarci a fare luce sull’origine di numerose patologie e a sviluppare dei nuovi modi per affrontarle. Se le scimmie clonate si riveleranno un modello efficace queste ci permetteranno di fare dei grandi passi avanti. L’aspetto interessante dello studio è il gene che si è deciso di bloccare“. (agg. di Matteo Fantozzi)



“SOFFERENZA INUTILE”

La Lav ha voluto pronunciarsi sul caso delle cinque scimmie clonate in Cina per diventare insonni e utilizzate per studi su cure per ansia, diabete e tumori. La biologa e responsabile del settore vivisezione, Michela Kuan, ha spiegato: “Dietro questi esperimenti c’è quella che è una sofferenza enorme per gli animali. Questo è sicuramente un messaggio diseducativo e anche pericoloso. Per fortuna i modelli di ricerca alternativa avanzano rapidamente”. C’è da riflettere sulle sue parole per capire se lo studio possa avere davvero dei riscontri importanti come si dice. La Kuan ha aggiunto: “Come scienziata sono davvero basita anche dal messaggio scientifico che sta dietro notizie come queste. Le scimmie sarebbero state clonate insonni per studiare gli effetti dei disturbi del sonno e patologie come depressione e schizofrenia. In realtà ci sono già in corso da decenni migliaia di casi di studi in tutto il mondo su persone che soffrono realmente di queste malattie. Non si capisce quale sia il bisogno scientifico di riprodurle artificialmente su degli animali“. (agg. di Matteo Fantozzi)



STUDI SU CURE PER ANSIA, DIABETE E TUMORI

genetisti cinesi hanno raggiunto un nuovo traguardo: sono state clonate cinque scimmie “malate”. Soffrono di insonnia e sono destinate a sviluppare molte altre malattie. La nuova ricerca, pubblicata su National Science Review, permetterà di studiare malattie difficili da riprodurre in laboratorio, a partire dall’insonnia, ma anche altre patologie neurodegenerative. Le cinque scimmie che non riescono a dormire sono il frutto di due esperimenti. Nel primo, gli embrioni di scimmia sono stati modificati geneticamente usando la tecnica che copia e incolla il Dna, la Crispr/Cas9. I ricercatori hanno eliminato in questi embrioni uno dei fattori che regolano il ritmo biologico circadiano, chiamato BMAL1. Così sono nate scimmie con disturbi di vario tipo: non solo insonnia, ma anche squilibri ormonali, ansia, depressione e comportamenti simili alla schizofrenia. «I disordini del ritmo circadiano possono portare a molte malattie, compresi diabete mellito, cancro e patologie neurodegenerative», ha osservato Hung-Chun Chang, il coordinatore della ricerca.



CINA, CLONATE 5 SCIMMIE MALATE: NON DORMONO

Nel secondo esperimento, alle scimmie sono stati prelevati i nuclei di cellule adulte e trasferiti in ovociti senza il loro nucleo originale. L’idea di riprodurre modelli di malattia in animali da esperimento è vecchia: attualmente si fa soprattutto su topi o ratti, tra i mammiferi più simili all’uomo. Ricreare una malattia in questi animali permette di capire come si sviluppa una malattia e quali farmaci e tecniche possono curarla. Le scimmie “ammalate” potranno quindi essere usate per studiare sia lo sviluppo di queste malattie e le possibili terapie. Il secondo esperimento è stato fatto con l’obiettivo di creare animali geneticamente omogenei e confrontabili su cui poter studiare le malattie, senza dover dipendere da variabilità genetiche che nascerebbero se si usassero scimmie non clonate e quindi diverse tra loro. «L’Istituto è serio, la rivista pure e l’esperimento è interessante, anche se non stratosferico», il commento al Corriere della Sera di Carlo Alberto Redi, direttore del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie dell’Università di Pavia. Ma inevitabilmente si riaprirà il dibattito etico sull’uso degli animali nella ricerca.