Che impatto ha la cremazione sugli operatori che la effettuano? Se lo chiedono negli Stati Uniti dopo il caso di un forno crematorio contaminato da radiazioni dopo la cremazione di un corpo che in vita aveva ricevuto un trattamento radiofarmaceutico. Questa vicenda, avvenuta in Arizona, ha riportato alla luce una questione spesso trascurata e su cui ora si chiede un intervento legislativo. In Italia, ad esempio, la cremazione di cadaveri e resti mortali portatori di elettrostimolatore cardiaco è consentita, salvo non sia diversamente disposto dall’Asl, laddove ci siano sospetti di possibile contaminazione radioattiva. Ma cosa fare con la salma di una persona che è stata sottoposta a cure con materiali radioattivi? L’esposizione dopo la cremazione è particolarmente importante negli Stati Uniti, dove il tasso di cremazione è superiore al 50 per cento. Nel caso sollevato da Gizmodo.com si fa riferimento ad un uomo di 69 anni affetto da un raro tumore al pancreas che era stato trattato con un radiofarmaco, il lutezio-177 che ha il compito di distruggere le cellule cancerogene. Il paziente è morto due giorni dopo le prime cure ed è stato cremato cinque giorni dopo, senza che l’ospedale riferisse del trattamento radiologico all’impresa funebre. Quando è avvenuta la cremazione, c’è stata dunque la contaminazione del forno crematorio.
MUORE DI CANCRO: RILASCIA RADIAZIONI DURANTE CREMAZIONE
Quando i ricercatori americani sono venuti a conoscenza del caso, hanno chiesto all’Arizona Bureau of Radiation Control se esistesse una regolamentazione per questi casi, scoprendo appunto che non c’è. Intanto è partita un’ispezione del forno crematorio. I ricercatori, esaminando l’urina di un dipendente per capire se era stato inavvertitamente esposto al lutezio, hanno avuto un risultato negativo. Ma hanno trovato una piccola quantità del radiofarmaco tacnezio, forse legato alla cremazione di qualche altro cadavere. «Questo dimostra che c’è una potenziale esposizione alle radiazioni per chi effettua le cremazioni», ha dichiarato Nathan Yu, autore dello studio del Dipartimento di Oncologia delle radiazioni della Mayo Clinic di Phenix, in Arizona. Secondo questo studio, pubblicato sul Journal of the American Medical Association, sono necessari ulteriori ricerche per valutare la portata della contaminazione da radiazioni e gli effetti sulla salute di una esposizione ripetuta o a lungo termine dei dipendenti dei crematori. Non si tratta del primo caso in cui un paziente curato con radiofarmaci abbia lasciato delle residue radiazioni, ma è uno dei primi studi che segnala la contaminazione della struttura di cremazione. Ma è appunto un solo caso di studio, quindi non è rappresentativo di un fenomeno o problema. Sono necessari dunque altri approfondimenti.