Non arrivano buone notizie dal fronte per la lotta contro l’Alzheimer. Il morbo che ruba i ricordi ma più in generale l’identità dei malati è ancora senza una cura e le speranze di un farmaco che possa portare alla guarigione dei pazienti si affievoliscono ogni volta che il fallimento di una grande azienda farmaceutica viene conclamato. L’ultimo episodio è quello della Biogen, la multinazionale che aveva investito tempo e risorse in una particolare molecola, l’aducanumab, che nei primi test aveva mostrato segnali molto incoraggianti. Gli sviluppi, però, non sono stati all’altezza delle aspettative, come ha chiarito a La Stampa il direttore scientifico del Gruppo di ricerca geriatrica (Grg) di Brescia e presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria, Marco Trabucchi:”La fiaccola si è spenta, ma dobbiamo incrementare il nostro impegno per continuare lo studio nei vari campi di ricerca: senza farci dominare dallo scoramento”.
ALZHEIMER, IL DISINTERESSE DEI GOVERNI
Un sentimento, quello dello scoramento citato da Marco Trabucchi, che accompagna non solo i caregivers, i parenti e le persone che si occupano dei malati di Alzheimer, ma anche quei ricercatori che da anni sono impegnati nel tentativo di trovare una cura ad una malattia che ad oggi resta un mistero inesplicabile. Come riportato da La Stampa, infatti, la Biogen non è stata l’unica casa farmaceutica ad alzare bandiera bianca: basti pensare alla Pfizer, che nel 2018 ha annunciato la fine dei suoi investimenti nella ricerca di un farmaco efficace contro la madre di tutte le malattie neurodegenerative. Per quanto riguarda la Biogen, assodato il fallimento della molecola aducanumab, proverà ancora a portare in fase 3 il farmaco sperimentale BAN2401. Il problema comune, però, è rappresentato più che altro dalla completa comprensione della malattia: non si è stati ancora in grado di capire, ad esempio, se le placche di amiloide che si aggrovigliano nel cervello dei malati siano la causa o un sintomo della malattia. E mentre la ricerca di un farmaco risolutivo conosce una nuova sconfitta, non resta che l’illusoria strada obbligata dello screening, un monitoraggio preventivo che ad oggi ha il potere di anticipare il futuro ma non di modificarlo, nel disinteresse più o meno generale dei diversi governi.